33.È quasi mezzanotte

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KATHLYN
New York, 31 dicembre

CAPODANNO.
Che io fossi stata in Europa, ad un Gala elegante o ad una festa in compagnia di Brendon, poco importava, lo scoccare della mezzanotte era sempre stato il momento in cui il desiderio proibito della libertà tornava a farmi visita.

Quando iniziava il conto alla rovescia io chiudevo gli occhi, mi isolavo nel mio mondo e speravo, pregavo che con l'inizio dell'anno nuovo sarebbe arrivata anche una nuova me.

Era una questione di secondi. Attimi nella quale mi lasciavo andare e senza stringere la cinghia alla mia immaginazione mi vedevo in centinaia di posti diversi.
Infinite vite che da un momento all'altro sarebbero potute cominciare.

Poi riaprivo gli occhi, tornavo ad essere la Kathlyn di sempre e con lo scorrere dei minuti, tutto tornava com'era sempre stato.

Lanciai uno sguardo all'orologio; meno un quarto d'ora alla mezzanotte.

Avrei chiuso gli occhi quella sera?
Forse non ce n'era più bisogno.

«Dug, no! La birra non la puoi bere!»

Evan era seduto per terra, la schiena appoggiata al divano e un braccio teso nella direzione del suo cane.
Cercava di essere minaccioso, nonostante il sorriso rischiasse di smontare tutta la sua convinzione.

Dug stava trattenendo la mia lattina di birra tra i denti, scambiando i rimproveri del padrone per un gioco.

«Vuole imitare il papà» lo presi in giro, sorridendo dietro la calda coperta in lana.

«Il papà è astemio» ribadì lapidario Evan, lasciando andare la presa sulla mia caviglia per potersi avvicinare a Dug.
«È stato con Alec solo due cazzo di giorni e guarda come si comporta ora»

Non potei trattenere altre risate, fissando esterrefatta la scena davanti ai miei occhi.
La mezzanotte si stava avvicinando e io era rannicchiata nel divano di casa con indosso un pigiama rosa a pois.

Mi sarei aspettata di tutto tranne che del cibo d'asporto, una televisione accesa sull'ennesimo episodio di Games of Thrones ed Evan a petto nudo e pantaloni della tuta grigi.

Evan aveva ricevuto una settantina di inviti diversi per il Capodanno, eppure mi aveva chiesto di restare a casa con lui.

«Voglio iniziare l'anno nuovo con te e Dug. Facciamola diventare una tradizione» mi aveva confessato la mattina stessa, mentre gli stavo cucinando per l'ennesima volta dei pancake indecenti che lui avrebbe comunque mangiato.

Quando la lattina venne recuperata e riposta all'interno del frigo, Evan fece ritorno in salotto, risvegliando per l'ennesima volta tutti i miei sensi.

Non se ne rendeva nemmeno conto, eppure il suo solo esistere mi aveva cambiato la vita.

Tenne lo sguardo fisso sul cellulare, camminando a piedi nudi verso di me.
Il petto allenato, i piccoli segni lasciati dai miei morsi e la V che scompariva oltre l'elastico dei pantaloni.

«Dug» il cane alzò il capo verso di me, sull'attenti.
«Abbiamo fatto arrabbiare il papino»

«Attenta a come parli, biondina.
Serve una punizione ad entrambi»

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