22.Uova, farina e latte

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EVAN
New York, 01 dicembre

APRII GLI OCCHI lentamente, coprendo il volto con un cuscino per nascondermi dalla fastidiosa luce della mattina.
La casa era silenziosa e Dug non era ancora salito sul materasso in cerca di attenzioni.

Scostai la coperta, notando con grande piacere quanto nudo ed eccitato ancora fossi.
Come se fosse stato possibile dimenticare la notte appena trascorsa. Come se il corpo della mia dea non si fosse incastrato alla perfezione con il mio.

La stanza era vuota, di Kathlyn non c'era alcuna traccia e tanto meno degli indumenti che gli avevo abilmente tolto la sera precedente.

Tastai il lato destro del letto, sperando di sentire ancora il suo calore nella stoffa bianca delle lenzuola.
Niente.

A tentoni riuscii ad individuare il cellulare sul comodino, accendendolo un attimo dopo davanti i miei occhi ancora sensibili ed assonnati.

da: Mamma
Ciao tesoro, come state? Quando posso chiamarti e conoscerla?

Rivelare un po' troppe informazioni a Victoria forse era stato un errore, correre in aeroporto con un borsone preparato alla poco di buono aveva però destato qualche sospetto nella donna amante del gossip che avevo iniziato a chiamare mamma all'età di quindici anni.

a: Mamma
Ciao mamma, noi stiamo bene.

Non passarono nemmeno due secondi prima che ricevetti una sua risposta.

da: Mamma
Come sono felice! Ora però rispondi alla seconda domanda

a: Mamma
Non hai mai fatto domande sulle mie ex, perché tutta questa fretta ora?

da: Mamma
Sono gelosa del mio bambino, voglio conoscere la donna con la quale dovrò condividere il suo amore.


Non risposi, nascondendo il cellulare sotto il cuscino.
Era evidente e lo sapevo alla perfezione. La mia faccia fa poker faceva schifo, persino un cieco sarebbe stato in grado di leggere sulla mia fronte quanto fossi innamorato di Kathlyn.

Non avevo paura ad ammettere i miei sentimenti; ero innamorato di lei e avrei fatto di tutto perché le cose andassero per il meglio.
Al contrario, ero paralizzato all'idea che la nostra vicinanza potesse annientare entrambi, allargando il buco nero nella quale già galleggiavamo.

Se l'unica soluzione possibile fosse lasciarla andare, lo faresti?

Soffocai la domanda nei meandri della mia testa, concentrandomi sui rumori provenienti dalla cucina.
Alcune voci distorte, rumore di alcune pentole ed infine il suono delle zampe di Dug sul pavimento in legno.

Il mio -non tanto più fedele- amico fece finalmente il suo ingresso trionfale in camera e io rotolai giù dal letto per salutarlo.

«Buongiorno peste»

L'animale abbaiò, mi annusò di sfuggita, tornandosene poi di corsa da dove era venuto.
Nessuna carezza, nessun richiesta; Dug aveva ufficialmente abbandonato la nave Walker.

«L'hai svegliato? Ma che bravo cucciolo!» la voce di Kathlyn arrivò debole alle mie orecchie, non abbastanza però per non farmi alzare di corsa e dirigermi nella stanza adiacente.

La luce del sole illuminava gli interni bianchi del mio appartamento, la televisione era accesa su un qualsiasi canale sportivo e i fornelli accesi per la prima volta da quando mi ero trasferito in quell'abitazione.

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