Delle rose bianche, di quelle rosa,
e di quelle rosse, io canto.
Canto della primula, della mimosa,
e dell'azalea, di fragil paura.nella stella nel cielo nero;
nel mistero della luna nel bosco;
nel tramonto sul picco di un vulcano;
nella luce in mezzo alla pioggia.Al sentire di quel suono, il suo cuore tremò impaurito, come il rimprovero di una persona estranea in un momento del bosco notturno, ma con la sfumatura di una madre in pensiero. Poi, egli rielaborò l'eco di quelle parole, permettendo al suo sentire la sensibilità del direttore d'orchestra e lo scetticismo dell'uomo di scienza.
- Ti lascio da solo e fai questo? Piangere come un bambino?
Il muscolo cardiaco vibrò di nuovo al suono di quella voce. Il battito riecheggiò nella sua cassa toracica per il terrore, un terrore estraneo però al dolore. Non era spaventato per via di una persona diversa presente in un mondo intimo come la sua testa, ma dalla possibilità che quell'illusione, quella magia in un mondo senza fantasia, corrispondesse alla realtà. Il piccolo licantropo, in quella probabilità, spalancò gli occhi incredulo, pietrificato di fronte a quella sensazione.
Poi, il vuoto iniziò lentamente a riempirsi; il suo cuore iniziò a battere all'impazzata; le sue membra tremarono come quelle di un fanciullo. Le sue emozioni lo stavano guidando verso il campo fiorito, mentre il suo intelletto cercava di riportarlo nella fredda città della logica e dei fatti. E in quel turbinio di sensazioni, una solitaria ma malinconica emozione si fece largo nel suo corpo, come chi voleva provarci ma stava già accettando la delusione che ne sarebbe derivata dalla realtà.
- Sono senza parole santo cielo... Se sapevo ti avrei cacciato a zampate di nuovo nel tuo mondo! Ma insomma!
Si sentì rimproverato da quelle frasi, ma quel sentimento non sparì. Voleva crederci: voleva credere che quella possibilità si rivelasse vera, nonostante le conseguenze che avrebbe portato quel gesto. Si girò lentamente verso destra, verso il luogo da cui sembrava provenire quella voce. Il suo sguardo incrociò una figura vicina a lui, così miraggio ma così reale che lo bloccò stupito. La sua pelle venne fulminata da fredde scosse, e allo stesso tempo riscaldata da calorose e dolci fiamme.
-... Dai scherzavo... non fare quella faccia. Hai fatto un buon lavoro!
I suoi occhi tremarono: quelle perle rosse tagliate dalle pupille pericolose di un rettile tornarono rotonde con l'emozione di un bambino, e umide come quelle di un triste cagnolino in cerca di affetto. Le orecchie sensitive si abbassarono quasi a raccogliersi tra le sue guance, e le sue labbra tremarono con il fiato in gola. Fu così scosso da quello che vide che non riuscì a dire una parola.
- (No... )
Nonostante quel suono scherzoso ma pieno di affetto stesse continuando a risvegliare delle antiche emozioni sopite.
- (Non può essere...)
(ost partner super mystery)
Dall'altra parte del mondo bianco, una figura volpina si presentò davanti a lui sorridente, con il ghigno di un marmocchio e gli occhi felici di una dolce ragazza.
- Sì. Sono io. Ne è passato di tempo, eh?
Una Fennekin dalla pelliccia splendente e dallo sguardo sorridente si era approcciata a lui in quel mondo ai bordi del mondo dei vivi e di quelli che lo furono. Attorno al suo collo vi era la Sciarpa dell'Armonia, il simbolo che legava entrambi alle avventure passate, contro la catastrofe che avrebbe colpito il mondo pokémon come lo conoscevano. La sua Partner, colei con cui aveva sconfitto due volte la Materia Oscura; colei che aveva riempito quel vuoto che si portava dal mondo umano; colei di cui non aveva mai accettato la scomparsa; colei che era riuscita a curare il suo cuore tanto malato.
STAI LEGGENDO
PSMD: le Cronache dell'Oricalco. Primo Intermezzo: la ballata delle Zanne Nere.
FanfictionSequel di "PSMD: le Cronache dell'Oricalco. Secondo atto: il Crepuscolo." Team Skyraiders; team AWD; team Malia. Il tridente d'esplorazione del Centosettantesimo anno del Drago si sono riuniti nel team Oricalco, capeggiato all'unanimità dall'eroe d...