Gennaio VIII

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-Tom! Esci, dai non puoi rimanere tutto il tempo chiuso in camera.
Accucciato in un angolo, stretto nel suo stesso abbraccio.
-Lasciami...
La voce uscì roca e stanca, flebile.
-Tom? Non capisco se parli così...
"Non capisci?! No che non capisci, non hai mai capito nulla! Nulla! Io ti volevo bene e tu mi hai tradito e picchiato, io ti consideravo un padre ma per te non sono un figlio! Non lo sono mai stato!"
Allora rispose urlando e graffiandosi la gola.
-Lasciami stare!
L'uomo diede un leggero colpo alla porta per poi andare via.

Tom si alzò, raggiunse la mensola per poi prendere qualcosa: un barattolo, piccolo, trasparente, dal tappo arancione, dalla bianca etichetta. Pillole. Le aveva provate una volta, prestategli da un amico, e ora non sapeva farne più a meno. Ne faceva fuori un barattolo ogni tre, quattro giorni. Sapeva dei danni che si procurava ma non gli interessava. Georg era ricomparso nella sua vita, più presente di prima, ancora più opprimente. Era diventata una relazione a dir poco tossica, nella quale Georg era come ossessionato dal vedersi ogni giorno, dallo stargli attaccato in modo stritolante.

 Era diventata una relazione a dir poco tossica, nella quale Georg era come ossessionato dal vedersi ogni giorno, dallo stargli attaccato in modo stritolante

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Tom uscì dalla camera, poi dalla porta d'ingresso, infine dal palazzo. Ricevette una telefonata.
-Amore, sono Georg.
-Mh...
-Vieni da me?
-Ok.
Il ragazzo non aveva neanche più la forza, il coraggio di rifiutare. Si sentiva stanco, troppo stanco.
Bussò.
-Ciao amore!
Georg si fiondò sulle sue labbra screpolate.
-Vuoi mangiare qualcosa?
-No...
-Sicuro? Dai Tom devi mangiare.
-Ok...
Georg lo fece sedere su una delle sedie del salotto della sua nuova casa, quella che aveva affittato per stare lontano dai suoi genitori.
Il ragazzo non voleva mangiare, no, non voleva, mangiare era stancante, vomitevole. Prese tremante la forchetta per poi avvicinarla alla bocca.

Dopo poco Georg gli pose una domanda che mai, mai e poi mai avrebbe dovuto fare.
-E Bill? Quando torna?
Tom sentì il cuore fermarsi, gli si riempirono gli occhi di lacrime, ogni brutto ricordo affiorò dal baratro. Lasciò cadere la forchetta nel piatto, si sporge di lato e vomitò il suo dolore. Non servì a nulla, continuò a piangere e sentirlo vivo e lancinante quel dolore, quella mancanza.
"Dio quanto mi manca..."
-Ehi Tom, perché fai così? Era una domanda semplice...
-Una domanda semplice? Tu lo sai come sto senza di lui! Lo sai che sto una merda, lo sai che...
I singhiozzi lo assalirono nuovamente, tormentandolo. Si alzò di scatto raggiungendo il bagno, non voleva sentire né vedere nessuno, non voleva nulla, nulla. Eppure Georg lo raggiunse in pochi secondi.
-Dai Tom, sta' fermo!
Lo afferrò per un polso facendolo girare, il suo polso fine e massacrato dalle unghie, dal dolore. Polso dolorante, cuore dolorante, ferito.
-Ahi...
-Calmati.

Si era calmato, era sdraiato sul letto matrimoniale, appoggiato a Georg, guardando un film. Era lì, eppure non c'era. Il respiro del ragazzo che prima lo confortava, gli portava l'amore e la gioia, ora era un corpo estraneo, rassicurante, ma estraneo.
-Tom...una domanda.
-Mh...
-Ora sei pronto?
"Per cosa? Ah...No! No che non sono pronto che cazzo lo vedi da solo Georg!"
-Io...Non lo so.
-Come non lo sai?!
"Non ti arrabbiare ti prego, non ti arrabbiare..."
-Sì...
Sussurrò il ragazzo, il bambino; non era pronto. Non era pronto per farlo, ma non era pronto nemmeno per la reazione di Georg.
Si sporse su di lui, gli tolse la maglietta con un gesto veloce, improvviso. La paura iniziava a massacrare il piccolo cuore di Tom, invadendolo, tormentandolo come serpenti velenosi.
"No, no, no, no, no. Non voglio. O forse sì? Forse è tutto normale? Forse provare paura è normale."
Georg gli prese il viso tra le mani baciandolo con foga, scendendo verso il suo collo, il suo petto, l'ombelico. Si strinsero a vicenda, uno consapevole del terrore dell'altro, l'altro conscio della brama dell'uno. Si strinsero respirando i reciproci respiri, vagando per i reciproci corpi, sentendo uno il freddo glaciale dell'altro, l'altro il caldo tepore dell'uno. Georg fece girare Tom, posò le mani sulle sue scapole, sulle sue spalle così ossute, penetrò dentro di lui in un misto tra piacere imposto e libero, puro dolore. 

Georg uscì dal bagno, aveva i capelli umidi, appena lavati, si era vestito e osservava Tom seduto sul letto

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Georg uscì dal bagno, aveva i capelli umidi, appena lavati, si era vestito e osservava Tom seduto sul letto. Poteva vedere le sue ossa sporgenti anche attraverso i vestiti, riusciva a intravedere tutta la sua magrezza angosciante, il suo dolore. 
-Tom.
Lui si girò di scatto, una luce negli occhi: aveva pianto silenziosamente, senza fare rumore, dentro aveva urlato e singhiozzato...ma erano uscite solo lacrime silenti. 
-Io...vado a casa...
Si alzò lentamente.
Georg gli si pose davanti con fare rassicurante.
-Ti prego Tom aspetta. Che succede?
-Lasciami andare a c-casa...p-perfavore...
Eccole riaffiorare nei suoi occhi, lacrime crudeli.
-Ok...vai a casa allora, ci vediamo nei prossimi giorni.
-No.
-Come no?
-Lasciami stare...Devi smetterla, hai avuto quello che volevi, ora lasciami stare.
-Ma come? Per sempre?
- Sì. Per sempre.

Per sempre aveva detto. Ma ne era convinto? No. Sentiva già la sua mancanza, la sua assenza nella sua mente, la sua insostituibile presenza nel suo cuore, la sua tossica ossessione nell'animo. Come avrebbe fatto senza qualcuno da amare, da cui essere amato? Come avrebbe fatto senza le sue braccia sicure, il suo respiro regolare?
"Bill mi manchi...Non sai quanto. Non sai quanto morirei per rivederti, non sai quanto maledirei ogni cosa pur di scorgere i tuoi occhi color cenere, non sai quanto mi massacrerei per abbracciarti di nuovo, per chiamarti fratellone ancora e ancora, fino allo sfinimento"
-BILL MI MANCHI CAZZO!!! 
La gente, i passanti si girarono un po' spaventati, qualcuno riprese a camminare più veloce, altri si fermarono qualche insignificante secondo ad osservare il ragazzino singhiozzante in mezzo alla via. Disperato. 
Ormai si era abituato alla disperazione, al dolore, ai vuoti nel petto. Ora invece lo spaventava il non provare nulla, nei confronti di Georg, di quello che avevano fatto, nei confronti di Gordon. 
"Mi ero ripromesso di volergli sempre bene, nonostante tutto. Gordon, ti odio, disprezzo, con tutto il mio cuore, mi fai schifo, non ti sopporto più. Eppure no, ti voglio bene, non sai quanto, ti voglio bene, non so che fare senza di te. Mi sei rimasto solo tu."

Tom arrivò a casa stanco morto, la testa gli girava, si recò subito in bagno e senza pensarci due volte si infilò due dita in gola. Vomitò solo bile, in fondo non aveva mangiato nulla. Notò la bilancia nell'angolo del bagno, ci salì tremante. I numeri che vide scritti gli fecero venire il capogiro.
39,9.
Si buttò sul letto addormentandosi quasi subito nella sua stanzetta chiusa, disordinata, la puzza di fumo, vomito e birra la invadeva. Si addormentò, svegliandosi solo per un rumore provenire dal piano di sotto. Una voce familiare, dolce. Qualcosa di pesante che veniva posato.
"Bill"
Non fece in tempo nemmeno a pensare di alzarsi che ricadde in un sonno simile a uno svenimento.  

  

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Noi due contro il mondo (Twins Kaulitz)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora