Dicembre V

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-Bill?
-Sta dormendo...
Gordon annuì, poi si passò una mano sul viso sospirando, un'ombra gli attraversò il viso. I suoi occhi si scurirono, sulla bocca comparve una smorfia dolorosa.
"Ecco...sta male di nuovo. Aveva quasi superato la morte di mamma e ora torna tutto in superficie."
Tom tornò in camera di Bill, si sedette sulla sedia e attese che si svegliasse.

L'aveva trovato in quello stanzino buio, piangeva, sembrava disperato, era pieno di graffi e ferite superficiali. Tom l'aveva abbracciato, confortato, si era preso cura di lui. Erano andati a casa e il ragazzo aveva chiesto aiuto a Gordon, che gli aveva medicato le ferite e dato una mano. Bill non aveva smesso di piangere nemmeno un istante. Il suono confuso del suo pianto era costante e straziante, Tom avrebbe fatto di tutto per farlo smettere, per mettere a tacere quei versi dolorosi, quei singhiozzi ingiusti.
Il ragazzo aveva convinto Bill a dormire, almeno un po', magari se si fosse riposato, pensava, poi sarebbe stato meglio. 
Ma al suo risveglio nulla era più come prima.

Le emozioni sembravano come sparite dal suo viso, gli occhi risultavano vuoti e spenti, il viso pallido, senza rossore, senza luce, senza speranza. Era come se fosse stato svuotato di tutto, di ogni sentimento. E questo feriva Tom, lo feriva più sapere che Bill giaceva in quelle condizioni, che non sapere che era stato...molestato.
Perché lo sapeva, eccome se lo sapeva, aveva visto i segni, i graffi, la sua paura. Era chiaro come il sole. Eppure la consapevolezza che il fratello fosse così disperato da rimanere in silenzio, così triste da non piangere, così sofferente da non sbattere le palpebre, gli apriva il cuore, lo dilaniava, lo faceva bruciare di rabbia irrefrenabile.

 Eppure la consapevolezza che il fratello fosse così disperato da rimanere in silenzio, così triste da non piangere, così sofferente da non sbattere le palpebre, gli apriva il cuore, lo dilaniava, lo faceva bruciare di rabbia irrefrenabile

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Ma non c'era nulla che potesse fare, non sapeva chi fosse stato, non sapeva come, non sapeva nulla. Non sapeva con chi parlare, con la polizia? Con chi? Con Bill?
Avrebbe rischiato di farlo cadere nella disperazione molto più di quanto già non fosse. Non avrebbe rischiato per niente al mondo. Cosa fare? Dove andare? 
"Come faccio a farti stare bene?"

Alla fine, dopo qualche giorno, decise insieme a Gordon di rivolgersi a uno psicologo. Perciò chiamarono nuovamente il dottor Stefan Müller, colui che aveva aiutato Bill nei giorni successivi all'ospedale, ai tagli...a tutto. 
Bill non aveva avuto alcuna reazione, non si era opposto, non si era mostrato sollevato, non aveva fatto assolutamente nulla. 
Tom era ogni giorno più preoccupato, eppure provava a non darlo a vedere, non voleva che Bill sapesse che lui stava soffrendo a causa sua. Era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. 

Tom sperava solo che con l'aiuto di Müller, Bill riuscisse a superare il dolore, a non soccombere, non di nuovo.



Tom accompagnò Bill allo studio dello psicologo, lo lasciò davanti al portone e lo salutò sorridente. Il fratello non gli rispose, nemmeno lo guardò, entrò lasciandolo spiazzato e addolorato fuori da quella porta ferrosa, fredda, in una fredda aria invernale.
Scoppiò a piangere.
Piangeva tutte le notti.
Si struggeva ogni minuto.
Lo nascondeva.
Gli pesava.
Ma lo faceva.
Era il suo dovere.
Un altro peso a gravare sul suo piccolo cuore stracolmo di dolore.

Un altro peso a gravare sul suo piccolo cuore stracolmo di dolore

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Noi due contro il mondo (Twins Kaulitz)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora