Solo.
Ecco la parola giusta, l'unica adatta a descrivere le sue pietose condizioni. Tom era solo, abbandonato, incredibilmente stanco di tutto, di tutti. Voleva urlare e piangere, ma aveva urlato e pianto abbastanza, troppo e non ne aveva più forza. Il ragazzo aveva mal di testa da due giorni continuati, il dolore allo stomaco lo attanagliava costantemente e la stanchezza lo bloccava a terra. Sentiva il respiro corto, sempre, sentiva le gambe credergli ogni volta che tentava di uscire, il petto sobbalzare a ogni piccolo suono, il cuore accelerare frenetico di fronte a qualsiasi cambiamento.
Solo.
Tom si sentiva solo, stupido, non abbastanza. Sapeva che Bill era stato portato via, che lui non avrebbe mai voluto lasciarlo, lo sapeva bene. Non l'avrebbe mai scordato. Odiava Gordon per averlo permesso, lo odiava per tutte le birre che portava a casa, lo detestava per la scia di ubriachezza nauseante che si trascinava dietro. Lo detestava.Erano passati tre giorni, solamente tre giorni...eppure a Tom sembravano esattamente quattordici. Non sapeva perchè, sapeva solo che nella sua mente ne erano passati quattordici e ne era stato convinto finchè non aveva acceso il telefono.
Tom stava male, sentiva la testa girargli e lo stomaco contorcersi. Gordon gli portò davanti un piatto di riso con le cipolle e il ragazzo non trovò nemmeno la forza di rifiutare. Lo mangiò in fretta, vorace, affamato fino allo stremo, dilaniato dai giorni senza cibo nè riposo. E tanto più che mangiava, tanto la fame diminuiva, e più la fame diminuiva, più la nausea aumentava.
Infine non resse più e si precipitò in bagno dove vomitò riso e bile. Si pulì la bocca disgustato e tornò in camera sua. La nausea non era passata, il dolore alla testa nemmeno. Era tutto un circolo vizioso, Tom sentiva che non sarebbe più finito.Prese un pacchetto di sigarette, quelle di cui aveva abusato nel periodo di depressione di qualche tempo prima. Depressione che...eccola, rifare capolino nelle sue giornate, a schiacciarlo per terra, a malmenarlo, smentirlo, bistrattarlo. Eccola, tornare a galla, salire su, come quel fumo grigio della sigaretta nella bocca di Tom. Fumo che si spargeva nella piccola stanza, con porte e finestre chiuse, sempre più puzzolente e invivibile.
Tom tossì violentemente, era scosso, stanco, si sentiva un momento prima stupido, inutile e quello dopo arrabbiato, esasperato, urlava, poi subito dopo stramazzava al suolo...distrutto."Perchè Bill? Perchè ti sei lasciato portare via? Perchè non ti sei opposto? Mi avresti potuto chiamare, ti avrei aiutato, ti avrei dato un supporto. Ti avrei, se proprio non posso mostrarti la via, aiutato a scegliere la migliore per entrambi. Forse non volevi il mio aiuto? Forse non ne avevi bisogno...Forse davvero lì volevi starci. Perchè Bill? Perchè non mi hai salutato? Faceva troppo male...?"
Il ragazzo si alzò all'improvviso, raccogliendo le poche forze rimaste in corpo. Uscì dalla camera per poi dirigersi in quella di Bill. Chissà, forse pensava fosse stato tutto un brutto sogno, un incubo, qualcosa che aveva immaginato. Forse sperava che aprendo la porta avrebbe visto Bill sul letto, a leggere, stravaccato su quelle coperte confortanti, colorate. Si sarebbe girato di scatto, lo avrebbe guardato.
-Che succede Tomi?
"Tomi...da quant'è che non usa quel soprannome...Mi piaceva, eccome se mi piaceva. Mi piaceva tanto quanto mi chiamava fratellino. Eppure fingevo di arrabbiarmi, fingevo di essere offeso...e ha smesso. Non ho più avuto il coraggio di chiederglielo"
-Nulla Bill...mi mancavi...
Si sarebbe alzato, lo avrebbe raggiunto in pochi balzi allegri, gli avrebbe messo le mani sulle spalle guardandolo sorridente.
-Oh Tom, tranquillo, ci sono sempre.Portò la mano alla maniglia, e fin da quel momento capì che no, non era un sogno. Vedendo le sue unghie mangiate e sanguinanti, la pelle graffiata e torturata, tormentata, pallida si rese conto che nulla di tutto quello che aveva passato era un solo un brutto incubo passeggero.
Aprì la porta di scatto e...vuota. Il letto era disfatto, le coperte erano poggiate al lato, l'armadio aperto lasciava scorgere i suoi vestiti all'interno. Una maglietta era caduta giù dalla mensola e giaceva abbandonata sul pavimento. Tom si avvicinò tremante per poi raccoglierla velocemente, la scrutò e il respiro gli andò via.
Una macchia, rosso scuro, una macchia, sulla manica a righe, una macchia, indelebile nel cuore, una macchia, crudele e dolce allo stesso tempo, una macchia...dolore.
Tom la strinse al petto, accartocciò la stoffa tra i suoi pugni piccoli e pallidi, cadde in ginocchio, affondò il viso nella maglia bagnandola di lacrime. Opacizzando quel bianco accecante, scurendo quel nero angosciante. Singhiozzò per ore, accovacciato per terra, appoggiato all'armadio, tremante, piangente.Se qualcuno fosse entrato avrebbe visto una scena angosciante: un ragazzino dilaniato dal dolore, dalla consapevolezza della sofferenza, dalla sensibilità di un piccolo grande cuore, troppo piccolo per sopportare ma abbastanza grande da carpire e capire il dolore. Un ragazzo, poco più che bambino, minuscolo, schiacciato, dolorante, bisognoso di aiuto.
Eppure nessuno sarebbe entrato. Nessuno si sarebbe interessato. Nessuno. Nessuno. Nessuno.
Povero, povero piccolo ragazzo. Povero bambino sperduto, sperduto nel mondo. Povero pazzo, cosa ha mai fatto di male? Cosa ha fatto per meritarsi la follia, l'incomprensione, tutto quel dolore. Povero piccolo ragazzo...
Per anni gli hanno detto di cambiare, che non era abbastanza, che era troppo, che doveva smettere di essere sè stesso. Per anni l'hanno soffocato. Ora ha ceduto, si è lasciato andare, si è rassegnato al cambiare, al non essere abbastanza, all'essere troppo. Ha ceduto.
Chissà se saranno contenti? Chissà se i suoi demoni lo lasceranno andare? Chissà se quel povero piccolo ragazzo troverà mai pace?
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Noi due contro il mondo (Twins Kaulitz)
Roman pour AdolescentsBill e Tom Kaulitz sono gemelli, molto più diversi di quanto non si possa pensare. Viso uguale e caratteri opposti. Sono due, sempre insieme contro un mondo crudele che cerca di distruggerli. Sono due, folli nella loro poesia.