La Leonessa è armata!

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Josh's pov

Sono le 13.00 e dobbiamo partire per San Diego, anche se in realtà l'impegno ce l'ho domattina, ma dopo il colloquio di Rebecca, ho deciso di passare più tempo con la leonessa, così ieri ho modificato gli orari di volo, partendo il giorno prima.

<Rebecca andiamo!> le comando senza guardarla nel viso, sono già abbastanza nervoso, dopo lo scontro verbale della mattina.

Abbiamo già le valigie con noi, saliamo in auto e ci dirigiamo in aeroporto con Robert alla guida, quando mi suona il cellulare, 

"mio padre, che palle!"

<si, pronto>

<figliolo, come va?>

<tutto bene sto partendo per San Diego con la mia assistente, tu?>

<io sono all'Hillstone, tutto bene, com'è questa nuova assistente?>

<ok direi>

<bene, volevo solo sentirti, buon viaggio allora!>

<ci vediamo domenica prossima papà, ciao>

Non passo molto tempo con mio padre dalla morte di mia madre. I ricordi di una famiglia felice sembrano ormai perduti. 

Villa Lauder, un tempo piena di calore e risate, ora è come una dimora silenziosa, intrisa di un'atmosfera malinconica che io non accetto e non accetterò, forse mai!

Il nostro legame padre-figlio, si era logorato nel dolore per la perdita di colei che era sempre stasta il collante e l'ingranaggio pricipale di questa famiglia, mia madre.

In me, il dolore si è manifestato attraverso cambiamenti comportamentali e emotivi, in mio padre attraverso l'indifferenza verso tutto il mondo esterno, compreso me!

Il peso di questi cambiamenti che ho vissuto si riflettono nel mio stato d'animo, un misto di tristezza, sfiducia e una profonda riserva nell'avvicinarmi agli altri. 

La ferita della perdita di mia madre, aveva generato una sorta di barriera emotiva, una difesa per evitare ulteriore sofferenza. Ogni volta che pensavo di poter formare nuovi legami o aprirmi all'amore, l'ombra del dolore si faceva sentire, offuscandomi la prospettiva di un futuro in cui la storia finisce con "e vissero tutti felici e contenti".

La sfiducia era diventata la mia compagna silenziosa. Ogni volta che qualcuno si avvicinava, la voce del dubbio risuonava nella mia mente. La paura di essere ferito, ma soprattutto "abbandonato",  aveva generato una indiffidenza innata verso gli altri, una indiffidenza che agiva come un muro invisibile tra me e chi cercava di avvicinarsi. Così avevo imparato a sfogare i miei bisogni sul sesso, come atto fisico di solo appagamento e distrazione, aveva il solo compito di distrarmi per qualche minuto dalla routine quotidiana e possibilmente farmi godere. L'alcol era divetato l'altro mio passatempo, mi ubriacavo spesso, soprattutto nel fine settimana e poi scopavo, ormai andava avanti cosi da tre anni, Mason e Donald ne erano silenti testimoni.

Siamo arrivati alla pista dove un Jet privato ci attende

<un Jet privato?> chiede Rebecca incredula con gli occhi sgranati

<si tesoro, andiamo> le dico scendendo dall'auto, ancora accompagnato da un senso di rabbia e frustrazione

<non mi chiami tesoro!> mi intima una volta scesa, con aria severa fissandomi dritto negli occhi

"mi stai mettendo davvero a dura prova Rebecca, e forse è proprio per questo che non ti mollo, anzi, più ti comporti così, più ti voglio, cazzo!"

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