Capitolo Sei - Una Parte Di Me

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Stai migliorando?
O ti sento lo stesso?
Ti semplificherà le cose adesso?
Hai qualcuno da incolpare
Tu dici, un amore, una vita
Quando è un bisogno nella notte
Un amore, possiamo condividerlo.

One - U2

Venti minuti. Attendevo Lara da venti minuti.

Ero sceso dalla macchina ed ero appoggiato con il fondoschiena sul cofano in quella calda serata, nel bel mezzo del nulla, tranne il capanno che la SYS usava per gli allenamenti dei ragazzi nuovi e per gli incontri con me. Iniziavo a pensare che lo facesse di proposito, che si pregustasse nella mente il mio viso corrucciato dall'impazienza.

Alzai il volto verso il cielo della sera. In quel punto, privo di luci artificiali, si riuscivano a vedere le stelle. Tante piccole luci che risplendevano nel cielo di un blu intenso e illuminavano quella bellissima e maledetta città.

Il rombo di un motore mi portò a guardare davanti a me. Ed eccola lì, con la sua guida così sicura da sembrare un'unica cosa con la moto.

Si fermò a pochi metri e tolse il casco, liberando la solita lunga coda. Il mio cuore iniziò a correre per conto suo mentre posavo lo sguardo su ogni centimetro del suo corpo.

Quando le nostre iridi si incontrarono sembrò che tutto intorno sparisse, che la sua presenza risucchiasse persino il cielo e le stelle.

«Posa la moto nel capanno, andiamo con la mia auto.» Forse prima o poi avrei imparato a non dire tutto come se fosse un ordine.

Ma mi divertiva vederla aggrottare la fronte, indispettita dal mio atteggiamento.

Si soffermò a guardare la mia Porsche rosso fiammante. «Sì, con la tua auto effettivamente passiamo inosservati.»

Se mai avesse smesso di essere polemica, avrei saputo che l'avevano sostituita con un clone.

Mi mossi verso la portiera del passeggero. «Nella moto siamo visibili, nella mia auto ci sono i vetri oscurati, nessuno saprà che ci sei anche tu.»

«Non potevamo vederci direttamente dove dobbiamo andare?» sbuffò indispettita.

Sì, potevamo, ma significava passare meno tempo da solo con lei, e non lo volevo.

Stava per dire qualcosa, ma non glielo permisi. «Devi essere sempre così polemica?»

Con una mano teneva il casco e mise l'altra sul fianco. «Devi essere sempre così dispotico?»

Non risposi, mi limitai ad aprire la portiera e le feci cenno con la mano, invitandola a entrare.

Alzò gli occhi al cielo, ma portò la moto dentro il capanno, lo richiuse e andò a sedersi in auto. Dovetti mordermi l'interno della guancia per non farmi sfuggire un sorriso. Avevo tenuto il punto, e la cosa non le piaceva.

Quando salii nel posto del guidatore mi voltai a osservarla. Stava scrutando l'intero abitacolo. Piccolo, visto che era una due posti, ma fornito di tutte le ultime tecnologie automobilistiche.

«Perché non fai guidare me?» mi chiese osservando il volante con una luce negli occhi.

Girai la chiave godendomi il rumore del motore che ruggiva sotto di noi. Era uno dei miei suoni preferiti. «Per lo stesso motivo per cui tu non mi fai mai guidare la tua moto.» Allungai la mano e le diedi un colpetto sulla coscia. Fu un attimo, un tocco lieve e spontaneo attraverso il tessuto dei suoi jeans, ma sentii comunque il mio corpo reagire a contatto con il suo, mi formicolavano le dita dalla voglia di toccarla ancora. Ogni fibra del mio essere mi implorava di avvicinarmi a lei, di unirmi a lei.

SYS 3 - La società degli splendenti. Capitolo finaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora