Capitolo Ventisei - Senzo Di Vuoto

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La mia voce è troppo ruvida per le sigarette
A volte sento che dovrei semplicemente
Tornare a casa
Ma ho a che fare con un ricordo
Che non dimentica mai

You Better You Bet - The Who

Quel senso di vuoto mi accompagnava da giorni. Ci eravamo tacitamente detti che avevamo bisogno di spazio. Allora perché quello spazio lo sentivo completamente vuoto? Perché sentivo l'esigenza di riempirlo di lei.

Non credevo di esagerare quando pensavo che quella era la tortura più brutta che la vita mi avesse inflitto. Perché avere l'onore di Lara al mio fianco e poi vederla sfuggire via a causa delle mie azioni passate, era la peggiore delle punizioni.

Guardai il mare dalla finestra del mio studio. Sentivo gli occhi dei miei uomini su di me, in attesa che dessi loro ordini. Perché quello facevo, quello ero io.

Mi aveva stupito molto il modo in cui i ragazzi della SYS decidessero ogni azione da compiere insieme, come se fossero un unico corpo. Io non ero abituato a quello, nel mondo di merda in cui vivevo, si doveva avere il pugno di ferro per non essere sopraffatti. Non si poteva scendere a patti con nessuno, tranne che con la propria coscienza.

Mi erano formicolate le mani, avevo resistito dal prendere a pugni quel figlio di papà di Christian che non faceva altro che provocarmi e poi ero finito per dargli esattamente quello che voleva da mesi: dimostrare che io ero una merda che sapeva solo usare la violenza.

Mi sarei preso a pugni da solo per quella cazzata che avevo fatto.

Salvo era seduto di fronte a me, alla mia destra, il posto che prima spettava a Francesco. A lui avevo imposto di stare in piedi accanto alla porta, come se fosse l'uscere, ma quel coglione un attimo prima arrivassero tutti si sedette proprio di fronte a me, a sinistra, accanto a Salvo, guardandomi con il suo ghigno provocatorio. Almeno non si era azzardato a rivolgermi la parola.

Bene. Dovevo già sorbirmi la sua brutta faccia e il pensiero che avesse toccato mia sorella, non potevo accettare di sentire anche la sua cazzo di voce.

Avevo mandato un messaggio a Tommaso prima di chiamare gli uomini, avvisandolo che volevo vederlo. Dovevo assolutamente parlare con lui, chiedergli spiegazioni, anche se sapevo che come con Lara, neanche con lui potevo permettermi di provare quel sentimento di delusione. Ma dovevo comunque confrontarmi con lui, capire anche se potesse aiutarmi a far risollevare Angelica, lei gli aveva sempre dato retta, probabilmente la cotta che aveva per lui faceva molto. E mi ritrovai a sperare che Tommaso potesse prendere il posto di Francesco nel cuore di mia sorella. Perché pensare il mio migliore amico, il miglior uomo che conoscessi, accanto a lei, mi rasserenava. Ma stavo vagando troppo con la fantasia, queste erano questioni loro, io avrei solo dato una spintarella.

«Boss?» mi richiamò Salvo.

Quasi mi pentii di avergli dato il posto di Francesco, almeno mio fratello non mi chiamava in quel modo.

Mi voltai come se stessi facendo un favore a ognuno di loro. Li osservai a uno a uno, mentre abbassavano lo sguardo come se incrociare il mio potesse ucciderli all'istante.

«Non mi risulta che qualcuno vi abbia dato il consenso di fraternizzare con i Serenusa» iniziai restando in piedi dietro la sedia, le mani incrociate davanti la patta dei pantaloni. «Il fatto che stiamo collaborando non significa che abbiamo dimenticato chi sono, e andare a bere nei pub con loro non rientra nei vostri compiti.»

Nessuno fiatò. Salvo mi aveva informato che alcuni dei miei uomini stavano uscendo sempre più di frequente con quelli di Serenusa e potevo scommettere che quel bastardo volesse portarli dalla sua parte, ma io non potevo permetterlo, avrei rischiato che qualcuno mi piantasse una pallottola alla schiena prima che potessi distruggerli tutti.

SYS 3 - La società degli splendenti. Capitolo finaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora