Capitolo Ventitre - Fiducia

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Non è rimasto nessuno al mondo
A cui posso aggrapparmi
Non è rimasta davvero nessuno
Ci sei solo tu
E se mi lasci ora
Lasci tutto ciò che eravamo

Trust - The Cure

La chiamata di Adriano mi aveva scossa fin dentro le ossa. La sua voce era cavernosa mentre mi chiedeva di raggiungerlo al più presto a casa sua.

Ero fuggita via dall'ufficio in anticipo dicendo che avevo avuto un'emergenza in famiglia. Se mi aveva chiesto di andare da lui subito significava che era successo qualcosa di grave.

Vieni, ti prego, non riesco a trovare una soluzione.

Quelle parole, pronunciate in un mix di rabbia e angoscia, mi avevano fatto scorrere un brivido lungo la schiena.

Avevo percorso le strade della città a una velocità illegale, avevo lasciato la moto dietro il suo palazzo e trovando l'ascensore occupato, avevo fatto gli scalini a due a due.

Arrivai nel pianerottolo del suo appartamento con il fiato corto. Suonai il campanello come se ne valesse della mia stessa vita.

Adriano aprì dopo pochi istanti, il volto cinereo.

«Cosa è successo?» chiesi senza attendere oltre. «Stai bene?»

Lui non rispose, si limitò ad aprire un po' di più la porta per permettermi di entrare.

Oltrepassai l'uscio e quando gli passai accanto il mio olfatto fu pervaso dal suo inconfondibile profumo speziato.

Quando chiuse la porta ci appoggiò le mani sopra, la schiena curva, come se stesse portando il peso del mondo addosso.

Sentii un dolore lancinante al petto nel vederlo così, pensai che fosse stato costretto di nuovo a torturare qualcuno, o forse questa volta era ancora peggio. Forse lo avevano reso un assassino, gli avevano portato via anche quel brandello della sua anima.

«Adriano...» Mi avvicinai a lui e gli accarezzai la schiena. «Parlami.»

Mi ritrovai a deglutire quando sentii irrigidirsi ogni parte del corpo sotto il mio tocco.

Staccò le mani dalla porta e tornò dritto, le braccia serrate lungo il corpo, i pugni chiusi forte, tanto che si vedevano le vene in rilievo sparire sotto la maglia. Quando si voltò a guardarmi, dovetti ricordare al mio cervello che era l'uomo che amavo, che mi fidavo di lui, perché i suoi occhi erano carichi di un'ira pura che sapeva di morte.

Allungai una mano e la poggiai sulla sua guancia. «Cosa cazzo ti hanno fatto?»

«Io...» Non avevo mai sentito la sua voce più roca, non capivo se non riuscisse a trovare le parole o se stesse cercando di resistere alla rabbia che cresceva dentro di lui. «Devi impedirmi di fare una cazzata.» Il suo tono implorante mandò il mio cuore in mille pezzi. «Devi aiutarmi, Lara, perché altrimenti giuro su dio che lo uccido.»

Stava parlando di Francesco, ne ero sicura. Nessun'altro aveva la capacità di mandarlo in bestia in quel modo.

Un presentimento mi fece quasi tremare, ero quasi certa che lui sapesse, che lo avesse scoperto in qualche modo e che io, la sua cazzo di ragazza, non gli avevo detto niente.

«Non ti permetterò di fare nulla di avventato» affermai risoluta senza smettere di accarezzare la sua guancia. «A costo di legarti al divano.» Mi avvicinai ancora di più e lo abbracciai. Affondai il viso nel suo petto e ispirai tutto il suo profumo. Dopo qualche istante ricambio, si aggrappò a me come aveva fatto quando lo avevo trovato distrutto e sporco di sangue.

SYS 3 - La società degli splendenti. Capitolo finaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora