Capitolo Dieci - Responsabilità

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Beh, la chiave per la mia sopravvivenza
Non ha mai avuto molti dubbi
La domanda era:
come potevo mantenermi sano di mente
Cerchi di trovare una via d'uscita?
Le cose non sono mai state facili per me
La tranquillità era difficile da trovare

No Son of Mine - Genesis

«Buongiorno, signor Mersiglia.» La cameriera mi sorrise sbattendo le lunghe ciglia. «Il solito posto?»

«Sì, Giulia, grazie» usai un tono gentile, almeno per i miei standard.

La ragazza annuì e io poggiai la mano sulla schiena di Angelica, invitandola a seguire la mora che si stava dirigendo in quello che ritenevo il tavolo migliore del ristorante.

Mia sorella si guardava intorno estasiata. I tavoli avevano tovaglie bianche, candide, le sedie erano in legno e le tende panna adornavano le finestre aperte.

Ma la cosa più bella di quel locale era la vista. Il mare era proprio a pochi metri da noi, trasparente tanto da riuscire a scorgere il fondale. Il sole era caldo e alto nel cielo, segno che la primavera stava arrivando.

Tirai indietro la sedia e feci accomodare Angelica, poi mi sedetti di fronte a lei, il mare era il nostro ospite d'onore, proprio al nostro fianco.

Scrutai mia sorella, il viso delicato aperto in un sorriso, gli occhi le brillavano. Ecco, era esattamente questo che chiedevo alla vita, nulla di più di vederla felice.

Lei si voltò verso di me, forse sentendosi osservata.

«Ti piace?» chiesi pieno di un'allegria molto rara.

Angelica strabuzzò gli occhi, come se avessi detto una cosa assurda. «Se mi piace? È incredibile!»

La cameriera tornò. «Siete pronti per ordinare?»

Chiesi conferma con gli occhi a mia sorella e lei annuì.

«Sì, portaci un fritto misto di mare e due piatti di spaghetti con i ricci, poi un calice di vico bianco e una bottiglia d'acqua, per favore.» Aspettai che segnasse tutto e le riconsegnai i menù che neanche avevo aperto.

«Quindi?» domandò Angelica riportando su di sé l'attenzione. «A cosa devo questo onore?»

Alzai un sopracciglio, a quella ragazza non sfuggiva niente. «Deve esserci per forza un'occasione per andare a pranzo insieme?»

L'occasione c'era, ed era capire cosa avesse nell'ultimo periodo. Perché rispondesse male a nostra madre, cosa che non aveva mai fatto, perché usciva e non diceva a nessuno con chi fosse.

Lei sventolò una mano come se stesse cacciano via un fastidioso insetto. «Non fare quello sguardo da boss con me, Adriano, so che c'è sotto qualcosa e so che è per questo che la mamma non è venuta con noi» sentenziò, puntando su di me i suoi grandi occhi marroni.

«La mamma stava poco bene, lo sai, e poi voleva lasciarci un momento per stare soli tra di noi, non lo facevamo da tanto» cercai di far tacere i suoi dubbi, ma il modo in cui mi stava ispezionando mi fece intuire che non si era arresa.

«Non certo per colpa mia, il grande boss ha sempre tanto da fare» mi provocò.

A quel boss pronunciato per la seconda volta le mie spalle si irrigidirono. «Tutto quello che faccio lo faccio per te e la mamma, non dimenticarlo mai, Angelica» odiavo usare quel trono duro con mia sorella, ma doveva capire che non era un gioco.

Si appoggiò alla sedia come se l'avessi colpita, abbassò lo sguardo, ma qualunque cosa stesse per dirmi venne interrotta dalla cameriera che tornò con l'acqua e il vino.

SYS 3 - La società degli splendenti. Capitolo finaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora