Capitolo Ventidue - Pugnalato

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Devo ammettere che sono un po' confuso
A volte mi sembra di essere semplicemente usato
Devo rimanere sveglio,
Devo cercare di scrollarmi di dosso questo malessere strisciante
Se non mantengo la mia posizione,
come posso trovare la mia via d'uscita da questo labirinto?

Dogs - Pink Floyd

Guardavo i documenti davanti a me con uno sguardo impassibile mentre dentro la nausea cresceva a ogni riga che i miei occhi leggevano. I fogli erano sistemati sulla mia scrivania in modo così ordinato da essere maniacale. Anche tutto quell'ordine era una maschera. Perché avrei solo voluto stracciare ogni cosa, ridurre tutto in pezzi di carta piccolissimi, sperando che anche il mondo di cui facevo parte si sgretolasse così facilmente. Quelle erano le carte che dimostravano quanto fosse ricco e potente il clan dei Mersiglia, quanto avessimo le mani su tutto: pizzo, droga, appalti, politica. L'idea di raccoglierli mi era venuta il giorno in cui avevo fatto incontrare Lara, mia madre e Angelica.

Lara mi aveva avvisato che avevano colpito la piazza di spaccio di Ballarò la sera prima, che Maria era rimasta ferita, ma non era grave. I miei uomini mi avevano fatto rapporto su ciò che era successo proprio poche ore prima. Avevano inveito e imprecato contro ogni membro della SYS e Vittorio aveva giurato vendetta.

Mi sfuggì un sorriso al pensiero di quanto fossero coraggiosi quei ragazzi, di quanto lo fosse Lara. Io le dicevo di essere più prudenti, e qualche sera dopo loro colpivano una piazza di spaccio.

Qualcuno bussò alla porta, distraendomi da quei pensieri. «Avanti.» Non posai i fogli, continuai a leggere le cifre esorbitanti dei miei conti in banca. Un giorno quei soldi sarebbero stati usati per qualcosa di bello, per aiutare, non per distruggere.

«Scusa se ti disturbo, boss.» La mia mandibola ebbe un guizzo quando sentii la voce di Salvo.

«Cosa c'è?» dissi brusco senza degnarlo di nessuna attenzione, facendogli comprendere tutto il mio fastidio.

Lui tuttavia non parlò.

Lo guardai da sopra le ciglia, tenendo sempre i fogli davanti a me. Sfuggì subito ai miei occhi indagatori, si guardò intorno. Quella era la stanza che avevo scelto come ufficio, un po' meno pacchiano rispetto al resto della villetta. Niente libreria, solo due divani di pelle nera, un tavolino in vetro e la scrivania dietro la quale mi trovavo in quel momento. Dalla finestra alle mie spalle si poteva osservare il mare, e tanto mi bastava per renderla più gradevole.

Posai i fogli con una lentezza assassina. «Qual è il problema, Salvo?» Incrociai le mani sulla scrivania.

Lui mi puntò gli occhi addosso per un istante, una paura che non gli avevo mai visto gli offuscò lo sguardo. «Io...»

Respirai profondamente. «Tu, cosa?»

«Ho giurato di non dirtelo, mi aveva detto che te lo avrebbe detto lui, porca troia!» cominciò a dire quella serie di parole per me senza senso. «Ma se non lo fa non posso tenerlo per me, non sono uno sbirro, ma non posso non dirtelo, boss.»

Ogni volta che mi chiamava in quel modo mi faceva venire voglia di spaccargli tutti i denti, così che non potesse più pronunciare quella parola.

«Di cosa stai parlando, Salvo?» Mi alzai, perché stava rendendo nervoso anche me e non volevo che lo notasse.

Mi voltai a guardare il mare dalla finestra. Era completamente in tempesta.

«Non devi dire che te l'ho detto io, mi ucciderebbe.»

Mi domandai cosa lo avesse mandato così nel panico, e sapevo per certo che si trattasse di Francesco, perché nessun'altra persona oltre me e mio fratello metteva così paura a Salvo.

«Ti assicuro che ti ucciderò io se non mi spieghi di cosa cazzo stai parlando.» Mi voltai e lo inchiodai con lo sguardo.

Lui si impietrì, la sua fronte era imperlata di sudore.

Poi infilò la mano nella tasca della giacca blu a fiori che indossava e per un attimo pensai che stesse estraendo la pistola e mi stesse per sparare, per ordine di Francesco.

Salvo però estrasse semplicemente il suo telefono, digitò qualcosa e poi si avvicinò a me e girò il cellulare nella mia direzione.

In pochi istanti misi a fuoco le immagini che mi stava mostrando.

Ogni arto si immobilizzò, anche le cellule del mio organismo sembrarono fermarsi. Tutto era concentrato su quelle immagini che Salvo faceva scorrere davanti ai miei occhi. E sentii il sangue gelare e poi ribollire e poi gelare ancora. Sentii che non mi sarei mai più potuto muovere e allo stesso tempo che avevo voglia di spaccare ogni cosa.

«Cosa cazzo significa tutto questo?» soffiai tra i denti. Li stavo stringendo così forte da sentire dolore alla mascella.

Ma nulla era paragonabile al dolore che sentivo al petto e alla schiena, come se qualcuno mi avesse pugnalato.

«Francesco è zito con tua sorella.» Quelle parole accesero una furia omicida dentro di me.

«L'ho scoperto una settimana fa, gli ho detto che doveva dirtelo e ha detto che se ne sarebbe occupato lui, di farmi i cazzi miei» sputò tutto fuori e io sentivo la sua voce come ovattata.

Riuscivo a vedere solo quelle maledette foto, Francesco che sfiorava, accarezzava, baciava Angelica. Che metteva le mani addosso a mia sorella, in quel modo lascivo che gli avevo visto usare con altre ragazze.

«Sei tu il boss, Adriano, devo a te la mia lealtà.» Sentii vagamente parlare Salvo.

Francesco aveva toccato la mia dolce bambina, l'aveva inquinata con le sue mani sporche di sangue.

Salvo stava continuando a parlare così tornai a guardarlo. «Me ne occupo io.» E forse la mia voce non era mai stata più carica di minaccia, perché Salvo sgranò gli occhi e fece un passo indietro. «Non dirgli che io lo so, o ti ucciderò con le mie stesse mani, Salvo.» Avanzai verso di lui che continuò ad arretrare. «È lo farò in modo lento e doloroso.»

Indietreggiò ancora e inciampò sul divano, cadendo a terra.

«Ora sparisci dalla mia vista.»

Non se lo fece ripetere una volta di più, si rialzò e corse via richiudendosi la porta alle spalle.

Mi voltai verso la finestra. Il mare era sempre più agitato. Un lampo illuminò in modo tetro la distesa d'acqua e il tuono arrivò subito dopo facendo tremare la finestra. Poggia le mani sul vetro mentre gocce di pioggia iniziavano a bagnarlo. Incurvai la schiena, sentivo un peso enorme, un peso così grande che mi minacciava di schiacciarmi a terra.

Il mio istinto omicida mi spingeva a cercare Francesco e ucciderlo, subito, senza esitare un altro istante. Ma il viso di Lara, la sua fiducia in me, mi spinsero a respirare a fondo.

E mentre il pugnale entrava sempre più a fondo nel mio cuore, presi il telefono e la chiamai, sperando che potesse aiutarmi a trovare una soluzione alternativa all'omicidio, perché io proprio non potevo riuscirci, non da solo.

Spazio autrice ✨

Ciao readers del mio cuore ❤️

Scusate se non ho aggiornato ieri ma sono giorni impegnativi a lavoro 😭

Ma andiamo a noi: Adriano ha scoperto di Francesco e Angelica e non l'ha presa molto bene 🙄
In più non è stataara a dirglielo, quindi adesso cosa succederà? 👀

Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e se vi è piaciuto lasciate una stellina ✨

Ci vediamo domani con SYS 3 😎

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SYS 3 - La società degli splendenti. Capitolo finaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora