Mi sento come un masso che sfreccia
Vedere gli avvoltoi che volteggiano
Bruciando tra le fiamme in cui sto lavorando
Girando in un letto che si sta oscurando
La mia pazienza sta diminuendoBones - Imegine Dragons
La nausea mi colpì l'esofago, il sangue ribolliva nelle vene, come se volesse uscire fuori da me e andare via da quella situazione.
E invece dovevo stare lì, immobile.
E non potevo solo assistere, come avevo sempre fatto. Dovevo essere io a compiere quel gesto, forse il peggiore di tutti quelli che avevo fatto fino a quel momento.
Ero seduto sulla poltrona che era stata di mio padre, portata lì direttamente dal covo che utilizzava prima che lo arrestassero. Dovevo fare affidamento su tutta la mia forza di volontà per non muovermi a disagio in quel posto che mai sarebbe stato comodo per me. Tenevo stretto un bicchiere di whisky nella mano destra, il fondo del bicchiere poggiato sul bracciolo della sedia, con l'altra mano reggevo il mento.
Eravamo dentro una delle ampie stanze della casa delle riunioni, il tavolo davanti a me non era molto ampio, la tappezzeria delle pareti aveva un tema floreale ed era pacchiana come ogni cosa scelta da Francesco per arredare quella casa. Il tutto si intravedeva alla luce delle candele, l'unica illuminazione dell'intero edificio.
Quella sera non c'era solo il clan Marsiglia, avevo chiesto agli altri boss di partecipare, anche e soprattutto a quelli latitanti, in segno di fiducia.
Perché quel rituale solitamente si faceva solo con i membri più fidati del clan. Mio padre mi aveva costretto a prendervi parte più e più volte in passato. E mai avrei dimenticato il giorno, quando avevo solo sedici anni, in cui io era al posto di quel ragazzino che in quel momento mi stava davanti e seduto al mio posto c'era il boss Giuseppe Mersiglia, pronto a siglare il patto che mi avrebbe legato per sempre alla famigghia. Perché era stato quel marciume l'unica famiglia di mio padre e aveva costretto i suoi figli a prendervene parte. Ci aveva addestrato sin da piccoli e a niente erano servite le mie ribellioni, lui aveva vinto. Lo dimostravo io stesso, seduto al posto d'onore pronto a far entrare un altro ragazzo nel nostro girone infernale.
Osservavo Vittorio, in piedi e fiero davanti a me, come un militare che sta per ricevere un'importante medaglia al merito. I capelli erano rasati, i numerosi tatuaggi uscivano dal colletto e dalle maniche della camicia, il completo calzava perfettamente, come un signore d'affari. La fiamma della candela che ci separava scintillava nei suoi occhi, di un marrone chiaro che sfumava nel verde. Ardevano, perché non vedeva l'ora di essere iniziato, non vedeva l'ora di entrare a far parte del clan dei Mersiglia.
Non sapevo se credessi in un Dio o nel Diavolo, ma sapevo che l'inferno esisteva ed era concentrato lì, in quella stanza. Dove tutti, tranne me e Vittorio, indossavano un passamontagna a nascondere il volto. Si potevano scorgere solo gli occhi degli uomini e ragazzi intorno a me.
Ed eccolo lì, come un brutto quadro antico, il nostro personale rito satanico.
Una volta stipulato il patto, Vittorio sarebbe diventato un Mersiglia e avrebbe obbedito a ogni mio ordine. E se mio padre si era nutrito di quel potere, io avevo voglia di voltarmi e vomitare sulle scarpe lucide di mio fratello, che stava in piedi alla mia destra, silenzioso. Salvo era alla mia sinistra e intorno c'erano tutti gli altri membri stretti della nostra cerchia.
I boss delle altre famiglie mafiose stavano un passo indietro dal tavolo, come a darci la privacy che quel rito pretendeva. E tra di loro c'era l'uomo che stava un minuscolo gradino in basso a me nella catena alimentare della città: Carlo Serenusa.
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SYS 3 - La società degli splendenti. Capitolo finale
ChickLitCosa accadrebbe se una ragazza decisa a estirpare la mafia dalla sua città e il figlio di un boss mafioso decidessero di cedere all'attrazione che li spinge inevitabilmente l'uno verso l'altra? Palermo, 2018. Lara ha preso le redini della SYS, ma u...