Capitolo Tredici - Opportunità

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La nota che ha dato inizio a tutto
Può anche distruggere
Conosciamo tutti il successo
Quando tutti troviamo i nostri sogni

Pure and Easy - The Who

La postazione per le interviste era pronta. Le due poltrone rivestite in pelle nera posizionate l'una di fronte all'altra, il tavolino basso in vetro davanti e su di esso due bottigliette d'acqua e due bicchieri di vetro. Un registratore era poggiato sulla destra del tavolo e accanto a esso un blocco di fogli bianchi e una penna stilografica nera.

Ero in piedi davanti la porta a vetri e osservavo quella stanza un po' distante rispetto alle scrivanie dove noi giornalisti lavoravano. Quello spazio doveva essere lontano dal parlottare e dal ticchettare delle tastiere dei computer. Un luogo riservato dove giornalista e intervistato potessero avere la loro privacy e concentrarsi bene sulle domande e sulle risposte.

Ero molto compiaciuta che fosse tutto perfettamente in ordine, ero arrivata mezz'ora in anticipo, con le battutine al riguardo del capo e dei colleghi, Davide soprattutto, per fare in modo che tutto andasse a buon fine.

Ero convinta che l'attesa mi avrebbe fatto salire l'ansia, ma non sentivo neanche le mani sudate, ero tranquilla, come se dovessi incontrare un vecchio amico. Perché quella era la prima sensazione che avevo avuto parlando con Tommaso Ragusa, una familiarità che sentivo con ben poche persone. E questo principalmente perché era il migliore amico del mio ragazzo.

Il mio ragazzo. Quel pensiero prese possesso di ogni neurone del mio cervello.

Era la prima volta dopo tanto, troppo, tempo, che mi concedevo di pensare a Adriano in quei termini. Mi morsi il labbro inferiore al pensiero dei due giorni passati insieme. Una fitta colpì il basso ventre quando quei pensieri si posarono su ogni luogo della villa dove ci eravamo riscoperti.

Ma non era solo quello, lui era riuscito, dopo mesi, ad alleggerire il peso che sentivo sopra lo stomaco, quel tormento che non mi permetteva di dormire. Era sempre lì, lo sentivo come una presenza costante e dolorosa, ma parlare con lui l'aveva reso meno pesante. Non mi aveva giudicata e non mi aveva mostrato pietà, solo comprensione, solo voglia di condividere quell'enorme incubo con me. E probabilmente non sarei mai riuscita a fargli capire quanto gliene fossi grata.

«Sicilia.» Mi voltai sentendo quella voce melodiosa e trovai Eleonora, la mia ormai capo redattrice, da quando era entrata in società con Nicolò, che mi osservava dalla testa ai piedi, notando se avessi scelto l'abito giusto. Avevo optato per un tailleur solo perché me lo aveva quasi imposto, e un paio di stivaletti con un tacchetto che mi stava uccidendo.

Fosse stato per me lo avrei accolto in jeans e maglietta, ma lei aveva insistito per un outfit più formale, nonostante le avessi detto che Tommaso era in qualche modo un mio amico, più o meno.

Ma nel Palermo Times la professionalità prima di tutto, aveva detto con quel suo fare saccente. E allora l'avevo accontentata, solo perché lei e Nicolò mi stavano dando una grandissima opportunità. Avrebbe potuto fare Eleonora l'intervista, neanche ci sarei rimasta male, ero entrata come giornalista effettiva da pochi mesi e un articolo così importante, soprattutto con l'inchiesta sull'antimafia che io ed Eleonora portavamo avanti da mesi, era un gran risultato per il nostro piccolo giornale. Ma loro avevano subito dato quel compito a me e io ero grata a entrambi.

Quando finì di ispezionarmi, Eleonora puntò i suoi occhi di ghiaccio sui miei. «Ragusa è arrivato, ti sta aspettando.» Con le dita laccate di rosso spostò una ciocca di capelli dalla spalla. «Potevi avvertirmi che era così carino, Silicia, magari avrei fatto io l'intervista.» Sorrise maliziosa.

SYS 3 - La società degli splendenti. Capitolo finaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora