Capitolo Undici

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Qualcuno stava suonando il campanello, svegliandomi con quel suono fastidioso.

Mi alzai comunque, curioso di chi potesse essere, considerando che da quando ero a Folly Beach tutti erano entrati in casa mia senza preoccuparsi di bussare, come se fosse casa loro. Probabilmente dipendeva dal fatto che lì si conoscessero tutti da quando portavano il pannolino.

Indossando solo un paio di boxer andai ad aprire e rimasi sorpreso di chi mi ritrovai davanti.

Kate Herdar, la reginetta di Folly Beach, era sull’uscio di casa mia e mi stava squadrando con un cipiglio mezzo malizioso e mezzo disgustato.

«Quando hai finito di mangiarmi con gli occhi, biondina» la incalzai. «Puoi dirmi perché mi hai svegliato all’alba.»

Lei alzò le sopracciglia curatissime. «Sono le undici del mattino, californiano» sottolineò l’ovvio, visto che l’orologio sapevo leggerlo anche io. «L’alba è passata da un po’.»

Entrò in casa mia senza aspettare un invito, probabilmente aveva esaurito la sua dose di finta educazione.

«Prego entra pure» dissi sarcastico mentre la seguivo n cucina.

«Non voglio girarci intorno, quindi arrivo dritta al punto.» Si voltò appoggiando il fondoschiena al tavolo.

Io le sorrisi malizioso e mi avvicinai a lei. «Perfetto, tesoro, vuoi farlo direttamente qui sul tavolo oppure riesci ad aspettare di salire in camera da letto?»

Lei strabuzzò gli occhi e fermò la mia avanzata verso di lei mettendo una mano sul mio addome. «Chiariamo una cosa, Amery, io non sono così aperta e di larghe vedute come Madison e Lilian» chiarì subito lasciando il mio addome e incrociando le braccia sotto il seno piccolo e sodo fasciato da una canottiera. «Lungi da me criticare, ma io semplicemente ragiono in modo diverso.»

Alzai le mani in segno di arresa e mi avvicinai alla macchinetta del caffè. «Allora illuminami, tesoro, perché sei qui?»

Lei si schiarì la voce, quasi che quello che dovesse dirmi la mettesse a disagio. «Ti volevo invitare al ballo delle debuttanti di domani, come mio cavaliere.»

Mi voltai con la tazza di caffè fumante tra le mani e per poco non me lo gettai addosso quando scoppiai a ridere.

Kate sembrò innervosirsi per la mia reazione e iniziò a picchiettare con le sue unghie laccate di smalto bianco sulla superfice del tavolo.

«Guardami, tesoro.» Indicai con la mano libera il mio corpo quasi totalmente nudo. «Ti sembro tipo che partecipa a queste stronzate?»

«No» concordò lei. «Ma è proprio per questo che voglio che sia tu ad accompagnarmi.»

La sua risposta vaga mi incuriosì. «Continua.»

«Sei tutto ciò che detestano a Folly Beach: un finto ricco che non si sa comportare in società, se ti comporti bene, io sarò ricordata come quella che ha saputo educare un troglodita californiano» usò il soprannome che mi aveva dato Astlyr, ma detto da Kate, dovetti ammettere a me stesso, non mi faceva lo stesso effetto. Anzi, non mi faceva proprio nessun effetto.

Folly Beach. Attrazione DivinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora