Capitolo Ventiquattro

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“Tu sei fuori di testa se pensi che possa interessarmi uno come te”Uno

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“Tu sei fuori di testa se pensi che possa interessarmi uno come te”

Uno. Come. Me.

Avrei voluto urlarle addosso di spiegarmi com’ero, ma mi ero chiuso nel silenzio e la stavo riaccompagnando a casa. Perché in fondo sapevo esattamente com’ero: un troglodita che agiva senza pensare alle conseguenze.

Eppure, mi mandava in bestia che non volesse ammettere che fosse gelosa, e forse era vero che non sarebbe mai stata con uno come me, ma provava attrazione nei miei confronti ed era andata fuori di testa al pensiero che mi ero scopato Madison.

Entrai nel vialetto di casa sua e mi fermai il più vicino possibile alla porta, spensi l’auto, tolsi la cintura e la sicura agli sportelli e mi voltai a guardarla. Era girata di mezzo lato, la mano sullo sportello, come indecisa se scendere o meno.

«Cosa succede, principessa?» chiesi sarcastico. «Non è più così tanto schifoso respirare la mia stessa aria?»

Scosse la testa, i capelli corti che si muovevano a sfiorare le spalle e il collo elise che avevo voglia di baciare e prendere a morsi.

Due ragazze che si baciavano non me lo avevano fatto venire duro e il solo guardare lei mi faceva fluire tutto il sangue verso il cazzo. Ero proprio fottuto.

«Non intendevo dire quello che hai capito» disse ferma, anche se percepii un pizzico di titubanza nella sua voce.

Mi lasciai andare a una risata di scherno e scesi dall’auto.

Lei rimase ferma dentro e non si mosse neanche quando feci il giro e aprii il suo sportello per averla davanti. Mi abbassai su di lei. «Cosa, principessina?» le sputai sprezzante. «Che sono un troglodita stupido che si prende quello che vuole?»

«Non ho mai detto che sei stupido» sottolineò.

E nonostante mi beassi di quel suo strano complimento contorto, la ignorai. «Io almeno ho il coraggio di fare quello che mi va.» Superai ogni distanza e, per la terza volta in quella maledetta giornata, mi accostai a un soffio dalle sue labbra. «Non credo che tu possa dire lo stesso.»

Rimase immobile, sembrava neanche respirare. Ma non mi diede uno schiaffo e non mi spinse via, allora feci quello che volevo fare da quando l’avevo vista fuori dall’aeroporto con quell’aria saccente e viziata e mi aveva quasi rubato il taxi: premetti la bocca sulla sua.

Mi saltò un battito mentre assaporavo la morbidezza delle sue labbra, mentre si irrigidiva al mio tocco e poi si scioglieva e modellava la sua bocca sulla mia. Le presi il viso tra le mani e mi dimenticai del perché dovevo stargli lontano.

Non avevo mai baciato così delicatamente nessuno, ma non mi era mai sentito così vivo durante un bacio. Quasi mi spaventavo ad approfondirlo, a schiudere quelle labbra carnose con la lingua, a cercare la sua.

E prima che potessi farlo sentimmo una porta chiudersi con forza dentro casa.

E la bolla si ruppe ancora una volta.
Astlyr tirò la testa indietro e mi guardò con gli occhi spalancati, si toccò le labbra con le dita come se non potesse credere a quello che avevamo appena fatto.

Non dissi nulla perché credevo che qualunque cosa avessi detto, si sarebbe incazzata. Rimasi fermo davanti a lei a valutare la sua reazione.

Il rossore alle guance e i capelli un po’ scompigliati la rendevano ancora più bella.

Perché doveva essere sempre così indecifrabile?

«Io…» Si morse il labbro e mi venne voglia di farlo io, volevo assaggiare di nuovo quelle labbra, baciarla ancora da toglierle il fiato e donarle il mio, con più ardore, con meno delicatezza.

Folly Beach. Attrazione DivinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora