Capitolo Quarantuno

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Non potevo credere che fosse arrivata la fine dell’estate

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Non potevo credere che fosse arrivata la fine dell’estate. Avevo passato le ultime due settimane a letto con Astlyr, in spiaggia con lei e i nostri amici, a fare surf, notando che fosse notevolmente più brava di me, e di nuovo a letto con lei, nel suo, nel mio, nella vasca, nella doccia, sul mio divano, sul tavolo del suo salotto.

Mi aveva anche presentato suo padre, un uomo d’affari, ma molto alla mano che mi aveva fatto un’ottima impressione, a differenza della madre che continuava a odiarmi. Il padre era partito dopo due giorni dal suo arrivo e noi ci eravamo buttati in quella pazza storia che avevamo iniziato, fingendo che la fine non sarebbe mai arrivata.

Ma ecco lì, che mi trovavo davanti la mia casa di Los Angeles, il suo profumo ancora addosso, con la voglia di piangere come un bambino.

I miei genitori mi avevano lasciato lì ed erano andati a fare un giro, così entrai da solo e con un vuoto allo stomaco, mi sentivo come se mi avessero tagliato un arto. Era assurdo che Celestine non avesse accettato in alcun modo di far fare il tirocinio a Astlyr. Lei non aveva voluto che le parlassi, sostenendo che avrei solo peggiorato la situazione, che se neanche suo padre ci era riuscito, non c’era soluzione. Lei era tornata a New York due giorni prima di me e Folly Beach non mi era più sembrata tanto bella senza di lei.

Entrai in casa distratto e salii al piano di sopra, verso la mia stanza. Presi il telefono e sfogliai il suo Instagram, godendomi le sue foto. Ci eravamo detti di provare ad avere una relazione a distanza, ma mi mancava come l’aria e avevo voglia di prendere un altro aereo e volare verso la grande mela. Avrei preso un aereo anche ogni giorno se era per vedere lei.

Guardai la nostra chat, il mio “mi manchi” senza risposta mentre aprivo la porta della mia stanza.

«Stai guardando qualche bella ragazza, troglodita?» La voce di Astlyr mi fece alzare di scatto la testa.

La trovai sul mio letto a una piazza e mezza, con indosso solo un completino di pizzo nero che fece scorrere il sangue direttamente al basso ventre.

«Ma cosa…» non riuscii neanche a finire la frase, mi sentivo sopraffatto.

Il cuore si era fermato per un istante e poi aveva preso a battere come se dovesse vincere una corsa.

«I miei hanno accettato di farmi fare il tirocinio» disse scendendo dal letto.

Non riuscivo a fare a meno di guardarla, mi volevo dare un pizzicotto per capire se fosse reale, se non fossi in un sogno.

«È stato complicato non dirti nulla per due settimane, e far mantenere il segreto a tua madre» rivelò facendomi inevitabilmente sorridere come un idiota. «Ma se il regalo è la tua faccia in questo momento, allora ne è valsa la pena.»

Folly Beach. Attrazione DivinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora