Capitolo Trenta

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Astlyr se n’era andata senza salutare e io avevo fatto lo stesso con Adam, non avevo voglia di parlare con lui in quel momento

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Astlyr se n’era andata senza salutare e io avevo fatto lo stesso con Adam, non avevo voglia di parlare con lui in quel momento.

Stavo per entrare in casa quando il mio cellullare vibrò. Lo estrassi dalla tasca e le labbra mi si incurvarono in un sorriso da idiota.

Da Mulan

Ti va di passare da me?

Ti anticipo però che dovrai arrampicarti dalla finestra, perché mia madre è in casa.

Scossi la testa, divertito.

Feci dietrofront e mi incamminai in direzione di casa sua, una strada che in poche settimane avevo imparato a memoria, non che fosse difficile imparare le strade di quella piccola cittadina, ma quella in particolare mi si era tatuata direttamente nel cervello.

Sorpassai il cancello, l’aria fresca della sera mi faceva venire la pelle d’oca, ma non me ne curai. Girai l’angolo evitando l’ingresso principale e arrivai proprio sotto la finestra della camera di Astlyr. Era abbastanza alto, ma non era la prima volta che entravo dalla finestra nella stanza di una ragazza. Il pericolo mi attraeva, il proibito, il rischio di essere scoperti, non faceva altro che aumentare l’eccitazione.

Così salii sul tavolino accanto alla parete e cercai di saltare più in alto possibile per aggrapparmi al cornicione della finestra. Ci riuscii al secondo tentativo e rimasi aggrappato lì per qualche secondo, il tavolino sotto di me che minacciava di rovesciarsi e far accorre chiunque fosse in casa.

Quando capii che il tavolino era tornato al suo posto e non mi aveva fatto scoprire, e quando le mie mani non riuscirono più a reggere il mio peso, feci forza sulle braccia e salii sul cornicione. Mi ritrovai a sorridere trovando la finestra accostata: l’aveva lasciata aperta per me, o almeno, così mi piaceva pensare.

Cercai di non aggrovigliarmi nella tenda ed entrai nella stanza bloccandomi subito quando trovai Astlyr seduta con le gambe incrociate sul suo letto, la gonna un po’ sollevata sulle cosce, aveva un libro tra le mani.

«Potevi aiutarmi, principessa.» Mi appoggiai con il fondoschiena sul davanzale della finestra.

Lei sollevò le spalle, posò il libro sul comodino e accarezzò la stoffa della gonna. «Volevo vedere se lo facevi veramente.»

Alzai un sopracciglio. «Tua madre è veramente in casa?» Mi staccai dalla parete e avanzai verso di lei che rimase immobile nella stessa posizione.

Lei sorrise in modo felino. «Ho sempre segretamente sognato che un ragazzo salisse dalla mia finestra.»

Arrivai a un metro da lei e le afferrai la coscia, facendole aprire un po’ le gambe, la stoffa della gonna copriva le sue intimità e tutto il mio sangue affluì verso il basso ventre.

Folly Beach. Attrazione DivinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora