Capitolo Nove

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Mi risvegliò il mal di testa da post sbronza

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Mi risvegliò il mal di testa da post sbronza. Un dolore fastidioso che sembrava volermi perforare il cranio.

Aprii gli occhi sul soffitto della mia stanza e un profumo femminile arrivò alle mie narici spingendomi a guardarmi intorno. Madison e Lilian erano rispettivamente alla mia destra e alla mia sinistra, ma il dettaglio più importante era che fossero completamente nude e dal loro respiro profondo avrei detto anche esauste.

Brevi scorci della notte appena trascorsa si ripresentarono nella mia mente e l’immagine della rossa che baciava in modo appassionato la bionda mentre io la scopavo da dietro fece circolare il sangue dritto verso il mio basso ventre aumentando notevolmente l’alzabandiera mattutino.

Stavo per svegliare prima una, poi l’altra quando i miei occhi caddero sul mio cellullare sul comodino: una piccola lucina segnalava l’arrivo di un messaggio e l’istinto mi disse di vedere di cosa si trattasse.

Allungai la mano sopra il corpo di Lilian e afferrai il telefono, la luce mi accecò e mi ritrovai a stringere gli occhi mentre scorrevo la sfilza di notifiche dei vari social, i messaggi dei miei genitori e di amici, ma poi i miei occhi caddero inevitabilmente su un messaggio di un numero sconosciuto.

Sei finito

Era stato inviato alle cinque del mattino, mentre probabilmente mi stavo divertendo con le due nel mio letto e non ci voleva un genio per capire chi l’avesse inviato.

Improvvisamente tutta l’eccitazione passò e il mal di testa rischiò di farmi impazzire. Mi alzai di scatto, ignorando la testa che iniziò a girare, indossai un paio di boxer puliti, entrai in bagno e cercai un’aspirina nel mobiletto, la buttai giù sperando che il dolore passasse presto.

Per il senso di impotenza e per l’incazzatura che mi stava facendo ribollire le vene però, ci voleva un altro rimedio.

Scesi al piano di sotto, attraversai la casa vuota e arrivai alla piccola palestra che si trovava nel piano inferiore.

  Senza neanche riflettere indossai i guantoni da box e mi accanii sul sacco. Ogni pugno immaginavo di avere davanti la persona che mi aveva mandato quel messaggio, ogni colpo la mia rabbia si affievoliva un po’. Ma sapevo perfettamente che non era abbastanza. Che l’alcol, la droga, il sesso, la palestra, l’essere fuggito via da Los Angeles non avrebbero mai cancellato i problemi, ma solo attenuato quella frustrazione che mi strisciava addosso come una serpe.

Ma mi ostinavo ad andare avanti così, un colpo dopo l’altro, sentendo i muscoli tendersi, il sudore scivolare sul mio corpo, le nocche che facevano male nonostante fossero coperti dai guantoni, tanta era la forza che stavo mettendo in ogni pugno.

«Ti stai veramente allenando mentre nel tuo letto ci sono due ragazze nude?» La voce di Adam mi fece fermare.

Mi voltai nella sua direzione, era appoggiato allo stipite della porta a vetri, indossava una semplice canottiera bianca e i pantaloncini del costume.

Folly Beach. Attrazione DivinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora