Capitolo Venticinque

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«Ma no così» mi rimproverò Jo con la sua vocina stridula

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«Ma no così» mi rimproverò Jo con la sua vocina stridula.

Eravamo seduti sul pavimento, io con la schiena poggiata al divano, lei tra le mie gambe che si lamentava della coda che le aveva appena fatto.

«Mami la fa più bella» disse guardandosi nella videocamera del mio cellullare.

Era passata una fottuta settimana dai messaggi con Astlyr, non ci eravamo visti, credevo proprio che mi stesse evitando, come se la imbarazzasse ciò che avevamo fatto. Io non riuscivo a fare a meno di pensarci, e, non lo avrei ammesso mai, passato una quantità di minuti troppo alta a guardare la foto che mi aveva mandato: il viso imbronciato, ma alto e fiero, lo sguardo magnetico, ma enigmatico, quel dito medio alzato come se fosse una spada da puntarmi contro.

Quella ragazza mi aveva completamente fuso il cervello.

E, a tal proposito, erano settimane che non mi facevo di nulla, neanche una misera canna. Davo la colpa, o il merito, dipende dai punti di vista, all’arrivo dei miei e a quella meraviglia di bambina che in quel momento mi osservava con i suoi enormi occhi azzurri, che aveva rischiato di farsi male a causa mia. Ma la verità era che i miei erano arrivati da solo una settimana, e io non toccavo nulla da un po’ di più. E prima di quel momento non ci avevo neanche pensato.

Mi resi conto che avevo una nuova droga, una principessina con la risposta pronta e un caschetto nero.

Cazzo.

Sperai che mia sorella non trovasse un pezzo di merda come me. Ma cosa stavo pensando? Se solo un essere maschile si fosse avvicinato a lei, gli avrei spezzato le gambe.

La abbracciai forte al mio petto, come se potessi proteggerla da ogni male del mondo.

«Ti voglio bene, El» e il tono dolce in cui lo disse mi scaldò il petto.

Le accarezzai i capelli. «Anche io, scricciolo.»

Sentii la porta di casa aprirsi e richiudersi, ma mi voltai solo quando i passi si avvicinarono a noi. I nostri genitori erano al circolo, a meritarsi un po’ di sano riposo.

«Ciao.» Blake si sedette sul divano e accarezzò i capelli di Jo.

Alzai la testa per osservarlo: aveva i capelli scompigliati, come se ci avesse passato le dita… o come se l’avesse fatto qualcun altro.

«Notte in bianco?» lo provocai con un ghigno.

Lui mi diede un pugno sul braccio. «Non sono affari tuoi.»

Folly Beach. Attrazione DivinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora