4. Katharina

77 5 0
                                    

Quando la mattina dopo tornai con la mente tra i mortali, trovai il telefono invaso da una moltitudine di messaggi. Ogni mattina sempre la stessa storia. Guardai distrattamente da chi provenissero e mi limitai visualizzare i gruppi dove non ero molto attiva, i superstiti li avrei letti dopo il mio solito caffè mattutino. Poi, ancora seduta sul letto, aprii l'applicazione di Spotify che nella notte era andata in stand by e feci ripartire la playlist in riproduzione.

Ero solita dormire con la musica in sottofondo, a dir la verità approfittavo di ogni momento in cui potevo ascoltarla, era la mia ancora alla realtà. Non ero un'esperta di musica, non avevo studiato nulla in quel campo, figurarsi se potevo attribuirmi una qualche conoscenza che non avevo. Ma il non essere pronta in ambito accademico non implicava il non riuscire ad apprezzare della buona musica, così, da quando mi era stato regalato un paio di cuffie da gaming da indossare sempre, avevo preso l'abitudine di levarle solo nei momenti in cui ero in compagnia di qualcun altro.

Mentre la versione strumentale dell'Aida spandeva le sue note vibranti attraverso le cuffie, percorsi tutta la casa fino alla cucina ma lì ebbi una sgradita sorpresa: avevo finito le cose per far colazione, caffè compreso. Poco male, lo avrei preso al bar sulla strada per andare a far spesa.

Con quel nuovo proposito in mente, mi preparai con tempi record e mezz'ora dopo mi stavo dirigendo verso TopTasteUG per rifornire la mia ormai quasi vuota dispensa, ma prima un doveroso passaggio al Café Melon sotto casa per far colazione e iniziare a carburare in maniera decente.

Il Café Melon era un locale piccolo ma sempre affollato, io amavo lo stile spartano che avevano scelto di adottare, ma ancor di più apprezzavo l'atmosfera ciarliera e calda che si respirava ogni volta che vi mettevo piede. Anche questa volta, il Café era prevedibilmente affollato, d'altra parte era già un'ora abbastanza tarda della giornata e chi doveva andar a fare delle commissioni faceva spesso tappa lì. Riuscii comunque a sgusciare tra la calca davanti al bancone e, una volta messa in pausa la playlist, a ordinare il mio solito latte e caffè. Un altro punto a favore di quel posto era che lo staff era fantastico, riuscivano a gestire quella folla fastidiosa di esseri umani nervosi e assonnati mantenendo il sorriso sulle labbra e un ritmo al servizio che francamente gli invidiavo. Anche questa volta non si smentirono affatto e pochi minuti dopo stringevo tra le mani la mia bevanda, peccato che questa finì versata sulla giacca di quello che sembrava essere un uomo d'affari intento a rovinarsi la giornata. Maledizione a me che mi ero distratta per leggere i messaggi lasciati in sospeso dalla mattina!

«Scusi, ero distratta e...» Mi fermai davanti allo sguardo gelido che mi stava indirizzando l'individuo davanti a me. Gli occhi verdi e freddi sembravano voler lanciare anatemi a tutto spiano ma questi erano l'unico indizio nell'espressione altrimenti impassibile della furia che di sicuro si stava muovendo dentro di lui, lo sarei stata anche io se la giornata fosse iniziata in quel modo.

«Forse dovrebbe stare attenta a cosa la circonda invece di tenere il naso incollato al cellulare.»

Ero in torto marcio, su questo non c'erano dubbi, ma la nota giudicante nelle parole che mi erano state appena rivolte mi fece scattare come se avesse appena pronunciato una vera e propria offesa.

«Mi sono già scusata mi pare, non credo di dover essere crocifissa per un po' di latte versato su una semplice camicia e non credo neanche che lei si debba mettere a sindacare su quello che stavo facendo.» Pronunciai con fervore, poi, presa da un impeto furioso, presi il portafoglio dalla borsa e ne estrassi la prima banconota che mi capitò sotto mano, tanto più di venti euro non potevano essere e quella perdita non mi sarebbe pesata più di quanto non l'avrebbe fatto l'orgoglio ferito. «Anzi, sa che c'è? Prenda questi così potrà portare a pulire quella maledetta camicia.»

Dopo di che mi voltai per andarmene ma non feci in tempo ad uscire dal locale e a inforcare nuovamente le cuffie che l'uomo mi raggiunse di nuovo. La presa che esercitò intorno al mio polso per fermarmi era decisa ma non dolorosa, nonostante ciò mi diede comunque fastidio, quindi mi sottrassi subito a quel contatto e incrociai le braccia al petto guardando l'uomo con il veleno negli occhi. In quel momento non desideravo altro che tirare su le cuffie e immergermi in qualche canzone, non ero dell'umore per avere un contatto umano che andasse oltre la semplice interazione commesso-cliente.

Quella mattina era già iniziata male, non poteva che andare peggio.

«Trovo offensivo che lei mi abbia dato questi.» E mostrò i soldi che prima gli avevo quasi lanciato contro.

«Sa invece cosa trovo io offensivo? Che lei abbia giudicato senza conoscere.» Sputai velenosa senza degnare di uno sguardo ciò che mi stava tendendo, non volevo davvero intavolare una discussione di quel tipo ma mi stavo lasciando trasportare dalla rabbia.

«E in che modo l'avrei fatto?»

Non me lo sta chiedendo davvero pensai infastidita, stentavo a credere che non riuscisse a capire qual era stata la scintilla scatenante.

«La sua affermazione sul tenere il naso incollato al cellulare.» Lui alzò il sopracciglio come se non cogliesse il senso di quello che stava sentendo. Non sapevo nulla di lui ma già non volevo averci più a che fare. «Non poteva sapere se quello che stava leggendo non fosse stata un'emergenza o meno.»

Credevo che quella frase avrebbe messo la parola fine alla discussione invece lui, senza fare neanche una maledetta piega, ribatté:

«Stava guardando i messaggi.»

Quella compostezza a tratti compassata e a tratti gelida mi irritava, stavamo discutendo non guardando la vernice asciugarsi, che mostrasse un po' di emozioni!

«E quindi?» Scattai come se avesse appena ammesso di avermi messo una gomma da masticare nei capelli. A differenza sua io non mi nascondevo dietro un muro di ghiaccio, non me ne poteva fregare di meno di quello che pensavano gli estranei.

«Le avrebbero telefonato se fosse stata un'emergenza vera.»

Non è del tutto sbagliato commentai tra me e me, ma non gliel'avrei data vinta, ormai era una questione di principio. All'apparenza sembrava uno di quegli uomini abituati a esser ascoltati, probabilmente era un finanziere, un investitore o qualcun altro appartenente a quel tipo di ambiente, ma se pensava che gliel'avrei lasciata vinta solo perché giocava ad essere il maschio alfa si sbagliava di grosso, ero abituata a trattare con uomini come lui e la maggior parte delle volte non avevo una grande stima di loro.

«Non può saperlo e non ha il diritto di sindacare visto che le ho chiesto scusa.» Ribattei piccata, lui si limitò a sollevare un angolo della bocca quel tanto che bastava per far percepire un mutamento, finalmente stava mostrando una qualsiasi emozione.

«Mi è venuta addosso.»

«E le ho chiesto scusa.» Insistetti sull'onda del fervore che mi stava guidando. «Questa discussione non ci porterà da nessuna parte e io non ho né le forze né la voglia di continuare. Se lei vuole rimanere qui a discutere con l'aria si accomodi, io ho di meglio da fare.»

L'ultima parola era la mia, doveva esserlo, ma, mentre già mi stavo tirando su le cuffie per proseguire quello schifo di giorno che mi si prospettava davanti, lo sentii dire ancora:

«Bene. Arrivederci.»

Dio, se l'avessi incontrato di nuovo mi sarei premurata di mandarlo al diavolo per benino.

--------------------------------------

Un primo incontro sfavillante, non si può negare🤣 ma voi che ne pensate?

Ho una novità: dalla prossima settima doppio aggiornamento, uno al mercoledì  e uno al sabato

Quindi..

Ci vediamo qui mercoledì  ma vi sricoddo che lunedì esce la novella e martedì il capitolo della dramione.

Giorgia

Armonia di sogni e speranzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora