40. Katharina

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Da quando Nikolaus aveva conosciuto mio padre, non si era più limitato ad accompagnarmi avanti e indietro, ma, su mia insistenza, era salito con me ogni giorno. La sua presenza tra quelle quattro pareti mi faceva sentire più sicura, vedevo mio padre farsi ogni giorno più stanco ma continuare a combattere senza perdersi una battaglia con un epilogo già scritto. Avevo cercato anche il confronto con il dottor Baumgarten, ma il medico non aveva fatto altro che ripetere ciò che già sapevo: dovevo godermi il tempo con mio padre ed essere consapevole di quello che era inevitabile.

In presenza di mio padre fingevo, ma, non appena mettevamo piede fuori dalla sua stanza, era Nikolaus che vedeva il sorriso scivolarmi via e la preoccupazione farsi largo sul volto. Anche se mi lasciava tutto lo spazio per rimuginare o per parlarne con lui, quando mi riaccompagnava a casa cercava sempre di farmi tornare il sorriso sulle labbra. Averlo con me in quei momenti mi faceva sentire come se potessi permettere a me stessa di lasciar andare un po' del carico che mi portavo dietro, sapevo che Nikolaus sarebbe stato in grado di portarlo con me e di farmi tornare con i piedi per terra. D'altra parte non si era tirato indietro quando altri lo avrebbero fatto e tantomeno sembrava intenzionato a farlo.

Quel giorno, però, avevamo dovuto sospendere la nostra visita quotidiana al Charité in favore della ricorrenza che ci aveva assorbito per tutta la settimana: i quarant'anni della Mayer Advertising Society. Jakob era stato una spina nel fianco negli ultimi giorni e poco ci era mancato che non piombasse in ufficio senza avvertirci e, soprattutto, scoprisse che stavamo lavorando al discorso solo a qualche giorno dalla grande occasione quando lui lo preparava con settimane di anticipo.

Per fortuna, eravamo stati bravi a dissimulare e tra qualche minuto Nikolaus avrebbe pronunciato il discorso che avrebbe dato inizio a quel breve rinfresco facendo perfettamente finta di averlo pronto da mesi.

«Sicuro di ricordarlo tutto?» Domandai per la terza volta in pochi minuti, ero più in ansia io che lui.

«Sì, Kat.» Nikolaus non nascose l'esasperazione né la punta di divertimento che la domanda reiterata gli provocò. «E se sul momento non ricorderò qualche particolare improvviserò, non è la prima volta che lo faccio.» Aggiunse con un sorriso che presto imitai anche io.

«È che so quanto tuo padre ci tiene e...»

«... sarebbe capace di rimproverarci entrambi anche se abbiamo passato da tempo l'età delle ramanzine.» Concluse in tono petulante. Ci guardammo per un secondo con complicità prima di lasciar sfogare una risata. «Piuttosto, hai sentito Adam, come sta?» Chiese tornando serio mentre intorno a noi continuavano ad arrivare i colleghi, che avevamo salutato solo un paio di ore prima, e qualcuno dei clienti che erano con noi da più tempo.

Quella preoccupazione da parte di Nikolaus mi impensieriva, avevo fatto di tutto per tenerlo fuori da questa storia e anche adesso avrei voluto che non fosse coinvolto emotivamente, ma le cose erano andate diversamente e anche ora non stavano procedendo come avrei voluto. Non ci potevo far nulla, ne ero consapevole, ma temevo che Nikolaus, affezionandosi, avrebbe sofferto quando sarebbe arrivato il momento.

«Stanco, come sempre.» Non riuscii a mascherare lo sconforto che mi si annidava dentro ogni volta che pensavo al lento ma inesorabile declino di cui eravamo testimoni impotenti.

«Ehi, stasera non ci pensare.» Nikolaus mi spinse, con una leggera pressione sul mente, ad allacciare gli occhi al suo. Lo sguardo dolce con cui mi stava guardando fece saltare un battito al mio povero cuore provato. «Sei autorizzata dare fondo a tutta l'ironia del mondo e a fare tutte le battute che vuoi ma non permettere ai brutti pensieri di vincere.» Si fermò un attimo per osservare la mia reazione, poi un luccichio nei suoi occhi, che scomparve con la stessa velocità con cui si mostrò, annunciò che di lì a qualche secondo sarebbe arrivato qualcosa di più leggero. «Me lo fai un bel sorriso?» Aggiunse infatti qualche momento facendo lui stesso ciò che aveva chiesto a me.

Armonia di sogni e speranzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora