45. Nikolaus

41 3 0
                                    

Non avevo mai visto Katharina crollare sul serio, ma non ebbi dubbi di star assistendo proprio a quello.

Le lacrime fluivano libere sul suo volto solo in parte celato dalle mani, ma la testarda convinzione di non volersi far vedere mentre soffriva la stava fregando ancora una volta perché i singhiozzi che la squassavano erano silenziosi.

Tastai le tasche alla ricerca di qualche fazzoletto, di solito ne avevo sempre qualcuno con me, e, quando lo trovai, glielo porsi. Lei non mi sentì avvicinarmi e quando le posai una mano sulla spalla, mi fissò quasi sorpresa di trovarmi lì di fronte a lei.

Eppure le avevo detto che sarei salito.

D'altra parte, però, nell'evidente stato di agitazione in cui si trovava, una reazione del genere era più che comprensibile.

«Nik.» Sussurrò spazzando via i segni di quello che, di sicuro, stava considerando come un imperdonabile segno di debolezza.

«Ehi.» Le porsi il fazzoletto e mi chinai verso di lei. Non avevo idea di cosa dirle così, alla fine, optai per la cosa più banale. «Vuoi dirmi cosa è successo?»

«Mio padre.» Mormorò solo senza afferrare il pezzo di carta che le porgevo. Vedendo quella sua immobilità, le asciugai io le lacrime che ancora le scorrevano sul volto e lei, con mia grande sorpresa, mi lasciò fare.

«Quanto è grave stavolta?» Le chiesi ancora in tono dolce, se volevo capirci qualcosa avrei dovuto avere anche la pazienza di tirarle fuori le risposte.

«Baumgarten crede che il tumore sia arrivato ai polmoni.»

Un altro tassello si andò ad aggiungere al puzzle.

«Suppongo quindi che non si sia trattato del solito attacco.»

Questa volta Katharina si limitò a scuotere la testa, attesi qualche istante per vedere se avrebbe aggiunto qualcosa, ormai la conoscevo abbastanza da sapere che nella sua testa stava elaborando qualcosa che avrebbe espresso di lì a qualche secondo. Mi diede ragione poco dopo.

«Non sono pronta a lasciarlo andare.»

«Non pensarci adesso.» Con una piccola pressione sotto il mento, le feci alzare lo sguardo, volevo che vedesse la sincerità nei miei occhi. «Immagino lo abbiano portato a fare qualche controllo, visto che non è qui, ma, Kat, se lo hanno fatto vuole dire che c'è ancora qualcosa per cui lottare. Magari non ti sembrerà molto, ma c'è, e tu devi lottare insieme a loro. Puoi piangere, ci sono delle volte in cui farlo è liberatorio, e puoi permetterti di crollare, non sei invincibile e nessuno ti chiede di esserlo, l'importante è avere la forza di rialzarti ogni volta.»

Forse non era la cosa migliore da dirle, forse stavo solo peggiorando le sue incertezza, ma ognuna di quelle parole fu istintiva.

«Non credo di avere la forza di farlo da sola, non questa volta.»

La fragilità nei suoi occhi era devastante, avrei fatto di tutto per eliminarla, ma non era qualcosa che potevo lavar via con un colpo di spugna, non del tutto almeno.

«Non sei sola. Ci sarò io, se vorrai, e i miei genitori, senza contare i miei fratelli e le ragazze. Possiamo essere la tua ancora. Io posso esserlo, se me lo permetterai. Non ti lascerò cadere. Fidati di me.»

Come se già non lo facesse, non mi sarei ritrovato lì, se così non fosse stato.

Katharina chiuse gli occhi sentendo le mie parole, quando li riaprii alla fragilità di prima se ne era aggiunta dell'altra. Temevo di vederla andare in pezzi più di quanto già non fosse.

«Baumgarten ha detto che possiamo aspettarlo qui anche dopo l'orario di visita, se si prolunga troppo, ce lo verranno a dire.» Mormorò alzandosi e, avvicinandosi con pochi passi incerti, aggiunse in un sussurro: «Credo di aver bisogno di un abbraccio.»

Armonia di sogni e speranzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora