42. Katharina

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Non avevo dormito.

Non ci ero riuscita.

Avevo continuato camminare per la casa e a fare cose del tutto inutili per tenermi occupata e riacquistare un po' di calma.

Alla fine ero andata a cercare l'amica di lunga data: colei che riusciva sempre a portare un po' di chiarezza nella confusione: la musica. Mi ero lasciata cadere sul divano e, una volta tirate su le cuffie, avevo lasciato i pensieri liberi di fluire.

Ero incazzata, con me per non aver capito prima cosa stesse per succedere e con Nikolaus per avermi baciata.

Lo avevo voluto tanto quanto lui, ma ne ero altrettanto terrorizzata. Era chiaro anche a me che Nikolaus provasse dei sentimento per me, lo era da un po' ormai, ma credevo si fosse messo l'anima in pace da prima dell'attacco di panico in ascensore.

Poi però c'era stata Roma e aveva incasinato le carte in tavola, forse più per me che per lui, che le idee chiare le aveva da tempo.

Nikolaus era entrato nella mia quotidianità con la stessa delicatezza di un tornado, ma era stato facile lasciare che vi si scavasse un posto importante e, maledetta me, ero pronta a lasciarglielo fare altre cento volte.

E quel che era peggio era che avevo spinto qualsiasi sentimento il trascorrere tempo insieme provocasse in un cassettino e lo avevo accuratamente chiuso a chiave rifiutandomi di affrontarli.

Ora però dovevo guardare in faccia la realtà e mettere in chiaro con me stessa cosa provassi per Nikolaus.

Non avevo osato spingermi oltre il considerarlo un amico: era il mio capo e, anche se nessuno avrebbe avuto il diritto di sindacare, temevo il giudizio altrui. C'era la possibilità che le malelingue si spargessero per tutta l'azienda, senza contare che ero stata io la prima a etichettare perfino la possibilità di una cena insieme come non conveniente.

Eppure ora le cose si erano quasi capovolte e in gioco c'erano altri sentimenti.

Mi ero innamorata di Nikolaus e, anche se avessi continuato a far finta che non fosse così, nulla avrebbe cambiato quel fatto. Dovevo accettarlo.

Il nocciolo del discorso però restava: non ero certa di poter affrontare una relazione.

Non quando mio padre stava così male.

La situazione non era destinata a migliorare, probabilmente avrei passato sempre più tempo in ospedale e sarei finita per trascurare tutto il resto. Questo Nikolaus poteva sopportarlo, d'altra parte non aveva fatto una piega davanti alle emergenze quando si erano presentate e ora stava venendo quasi ogni giorno anche lui da mio padre.

Un sorriso, dopo tutta quella mole di pensieri vorticosi, si affacciò sulle mie labbra, se avesse scoperto i miei tentennamenti per causa sua, mio padre si sarebbe incazzato come poche volte in vita sua.

Forse, però, parlare con lui mi avrebbe aiutato a capire cosa volevo davvero. Stavo mettendo in discussione anche le convinzioni che fino a qualche ora prima erano state salde, ora non lo sembravano più così salde.

Sì, mio padre mi avrebbe sicuramente aiutato.

***

«Come mai Nikolaus non è con te?»

Se c'era una cosa su cui avrei potuto scommettere avendo già la certezza di vincere, era proprio che mio padre avrebbe proferito quella domanda non appena mi avesse visto da sola.

«Aveva da fare.» Cercai di non dare nessuna inflessione particolare alla mia voce, ci stavo girando intorno per trovare il modo di spiegargli tutto, tuttavia non riuscii nel mio intento perché mio padre mi dedicò uno sguardo indagatore prima di dire:

Armonia di sogni e speranzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora