54. Nikolaus

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La chiamata tanto temuta arrivò sabato notte.

Da quando suo padre non la riconosceva più, Katharina dormiva a sprazzi e quella notte, benché dormiente, si stava agitando accanto a me, tanto che ero stato svegliato dai suoi movimenti. Il suo respiro era più pesante del normale, come se anche nel sonno non potesse sfuggire a ciò che le stava accadendo.

Rimasi ad ascoltarlo nel vano tentativo di riprendere sonno nonostante la preoccupazione. Attorno a me, la casa era immersa nella calma surreale della notte, la stessa che venne interrotta dalla vibrazione del telefono.

Il rumore ovattato e insistente ruppe il fragile silenzio ancor prima che potesse farlo la suoneria. La Marcia Imperiale si diffuse qualche istante dopo e io sentii il cuore salirmi in gola.

Quella chiamata improvvisa poteva significare solo una cosa e Katharina, che saltò letteralmente dal materasso non appena udì le prime note della composizione, lo sapeva bene.

Mi tirai a sedere osservando attentamente le espressioni che si susseguirono sul suo volto mentre rispondeva senza neanche vedere chi fosse, non ce n'era bisogno.

«Pronto?» Il suo tono era spezzato, quasi un sussurro.

Non riuscivo a sentire cosa le stessero dicendo dall'altra parte della linea, ma osservare il suo volto fu più che sufficiente. Vidi la trasformazione nei suoi occhi: la confusione iniziale che si tramutava in terrore, il terrore che diventava rassegnazione, e infine quel vuoto devastante che si dipinse sul suo viso.

Abbassò lentamente il telefono, incapace di dire una parola, le mani che tremavano lievemente mentre lo lasciava cadere sul letto.

Il silenzio che seguì fu opprimente, carico di tutto quello che non avevamo bisogno di dire. La stanza sembrò stringersi intorno a noi e per un attimo pensai che sarebbe crollata sotto il peso di quel momento. Katharina si sedette sul bordo del letto, lo sguardo fisso su un punto imprecisato davanti a lei, il respiro spezzato, come se ogni boccata d'aria fosse una lotta.

«È tuo padre, vero?» La domanda uscì dalle mie labbra senza pensarci, un sussurro che sembrava quasi sacrilego in quel silenzio soffocante. Non c'era bisogno di conferma, lo sapevo già, ma sentivo il bisogno di dire qualcosa, di farle capire che ero lì, che non era sola.

Lei annuì con lentezza, fissando lo sguardo su di me, gli occhi pregni di sofferenza. Non c'era nulla che potessi fare per alleviare quel dolore, ma la mia mano si posò comunque sulla sua schiena, un gesto automatico, istintivo. Sentii il suo corpo tremare sotto il mio tocco, mentre cercava disperatamente di mantenere il controllo, di non lasciarsi andare a quella marea di emozioni che minacciava di travolgerla.

La circondai con le braccia, attirandola a me con delicatezza. Katharina si lasciò andare, il suo volto nascosto nel mio petto, i singhiozzi che le faceva sobbalzare le spalle. Restammo così per un tempo indefinito, io che la tenevo stretta, lei che cercava di trovare un senso a tutto quello che stava accadendo. Non c'era molto che potessi fare, se non esserci, e in quel momento sperai che fosse sufficiente.

«Va tutto bene.» Le mormorai, anche se sapevo che nulla andava bene. Era una bugia, ma a volte le bugie servono a tenere insieme i pezzi quando il mondo ti crolla addosso. «Sono qui, Kat. Non devi affrontarlo da sola.»

Il suo corpo tremava leggermente contro il mio, e io continuavo a tenerla stretta, sperando che il mio abbraccio potesse darle un po' di conforto. Alla fine, il suo respiro diventò più regolare e lei si allontanò per asciugarsi le lacrime.

«Devo andare in ospedale.» Sussurrò con voce spezzata ma ferma. «Devo vederlo.»

Non c'era esitazione nelle sue parole, ma una fragilità che mi preoccupava. Katharina era forte, lo era sempre stata, ma sapevo che anche lei aveva i suoi limiti, e, prima di quella notte, era già sulla sua personalissima linea rossa.

«Vado a prendere la macchina.» Dissi alzandomi senza fretta. «Non preoccuparti, faccio io tutto.»

Lei annuì come un automa e io mi chiesi se avesse metabolizzato le mie parole. Poi, con lentezza e quasi come se il corpo fosse diventato troppo pesante, si alzò dal letto e andò in bagno, chiudendo la porta dietro di sé. Mentre cercavo le chiavi dell'auto e infilavo dei vestiti, tesi l'orecchio per sincerarmi che fosse tutto a posto.

Quando uscì dal bagno, aveva il volto pallido, i capelli disordinati e gli occhi rossi, ma ogni traccia di lacrime era sparita. Sarebbero tornate più tardi quando non ci sarebbe stato più niente da fare, quando l'adrenalina si sarebbe esaurita, lo sapevo, ma non potevo fare più di quanto non stessi già facendo.

Il viaggio verso l'ospedale mi sembrò lungo il doppio del solito. Tra noi, non ci fu nessuna conversazione e, mentre il rombo sordo del motore faceva compagnia ai nostri pensieri, il silenzio si faceva più opprimente man mano che l'edificio, scuro alla luce della notte, si avvicinava. Katharina, persa nella sua testa, strinse la mia mano e non la lasciò andare neanche nei brevi momenti in cui dovevo cambiare marcia, ma non mi importava, se quel gesto, così piccolo e semplice, la confortava allora avrei guidato per ore senza sciogliere quella morsa. Ogni tanto ero io che le stringevo un po' più la mano, cercando di farle capire che ero lì, che non doveva affrontare quella notte da sola.

Katharina non distolse mai lo sguardo dalla strada, gli occhi fissi su un punto lontano. Anche se non parlava, potevo quasi sentire i suoi pensieri, il dolore che si faceva strada tra le sue barriere.

Il suo silenzio era assordante, un grido muto che mi spezzava dentro.

Arrivati all'ospedale, parcheggiai l'auto e andammo alla reception mentre Katharina, silenziosa e pallida come un fantasma, mi lasciava fare. Stava ancora metabolizzando quindi feci tutto il possibile per occuparmi io delle formalità che potevo eliminare e per rimandare almeno all'indomani quelle che doveva sbrigare lei, non era il momento adatto per affrontare documenti e firme, non quando si trovava in quello stato d'animo.

Approfittai di un momento in cui l'infermeria si allontanò per qualche istante e mi voltai verso Katharina solo per incontrarne lo sguardo devastato. Il corpo era lì, ma la sua mente era altrove, bloccata in quel limbo tra il dover affrontare la realtà e il voler sfuggire da essa e, quel che era peggio, bastava uno sguardo per accorgersene quando lei era sempre attenta a quali emozioni lasciava uscire.

Non feci in tempo a fare nulla che la donna di prima tornò e ci disse che, se volevamo, potevamo vederlo. Quella frase rianimò Katharina che, con decisione, disse di sì solo per esitare davanti alla porta chiusa. Non dissi nulla, quello era un momento che doveva capire da sola come affrontare, ma notai che la sua stretta intorno alla mia mano si era fatta più debole e che le sue spalle erano rigide, come se avesse perso di colpo la convizione.

«Sei sicura di voler entrare?» Le chiesi, anche se conoscevo già la risposta. La sua determinazione, sempre presente anche nei momenti in cui nessuno l'avrebbe giudicata se si fosse tirata indietro, era una delle cose che ammiravo di più in lei. Anche in quel momento, quando tutto sembrava troppo difficile da sopportare, Katharina avrebbe trovato la forza di andare avanti.

Lei annuì senza guardarmi.

«Devo farlo.» Rispose, la sua voce ferma, ma tremolante. C'era un filo di emozione che le attraversava il tono, ma non si sarebbe spezzato. Non ancora.

Entrammo insieme, e il silenzio della stanza ci accolse come un colpo in pieno petto. Il corpo di suo padre era disteso sul letto, immobile, senza più il suono delle macchine che monitoravano i suoi parametri vitali.

Il suo volto di Adam era sereno, come se la sofferenza fosse finalmente finita, ma quel pensiero non portava alcun sollievo.

Katharina si avvicinò lentamente al letto, lasciando andare la mia mano per la prima volta da quando eravamo usciti di casa e si chinò verso il corpo, posando una mano sulla fronte del padre.

Non disse nulla.

Non pianse.

Restò semplicemente lì, in silenzio, a salutare chi aveva perso.

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Io esco da questo capitolo con il cuore a pezzi e la cosa bella è che non è neanche il più tragico🥹

Cmq mancano 8 capitoli alla fine, cariche?

Prossimo aggiornamento: sabato
Giorgia❤️

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