31. Katharina

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Alla fine, ero tornata a casa. L'incazzatura con cui avevo aperto la giornata era passata in secondo piano ma non avrei avuto la testa per lavorare senza combinare disastri, troppe emozioni in troppo poco tempo.

Nikolaus era stato irremovibile e io non avevo fatto troppa resistenza, così mi ritrovai con un'inattesa giornata libera e la voglia di non rimanere a casa. Mandai un messaggio sul gruppo per sapere se qualcuno tra Cölestine, Lothar, Agatha e Killian fosse libero, ma, com'era giusto che fosse, erano tutti impegnati.

A quel punto optai per una sana dose di shopping solitario e rilassante e passai in quel modo parte della giornata per tornare a casa con alcuni acquisti che avrei di certo sfruttato nei prossimi giorni. Stavo proprio sistemando a ritmo di musica quelle new entries nell'armadio quando una chiamata in entrata da Nikolaus – il suono nome sullo schermo era inequivocabile – mi distrasse.

«È andato a fuoco l'edificio e stai per chiedermi di sistemare le cose?» Risposi sedendomi sul materasso e lasciando perdere la maglietta che stavo piegando, nelle cuffiette risuonò la risata calda e rimbombante di Nikolaus.

«Nulla di catastrofico, giuro.»

«Allora poso l'estintore?»

Era facile giocare in quel modo con lui, quasi naturale.

Le emozioni negative della mattina? Sparite. E cominciavo a pensare che forse avevo reagito in maniera esagerata, complice l'esser stata presa in contropiede.

«Posa anche qualsiasi altra arma tu abbia in mano.» Continuò senza smettere di ridere.

«Allora, cosa spinge Capitan Produttività a chiamarmi in pieno orario di lavoro?»

Ripresi a sistemare i vestiti, non si sarebbero piegati da soli e il lato positivo di non avere fili a limitarmi i movimenti era proprio la libertà di parlare e, nel mentre, girare per scasa.

«Per prima cosa, non azzardarti ad andare da tuo padre prima che ti sia venuto a prendere.»

«Nik...»

Speravo se ne fosse dimenticato, che quelle frasi dette nell'impeto del momento rimanessero, appunto, solo frasi, ma, a quanto pareva, Nikolaus le aveva pronunciate con l'intenzione di mantenere quella promessa sottintesa.

«Niente Nik, ho promesso che ti avrei accompagnato e non mancherò alla promessa il giorno stesso che l'ho fatta.»

Discutemmo per qualche altro minuto, l'idea di lasciargli fare quella cosa non mi entusiasmava, sarebbero arrivati dei momenti difficili, erano inevitabili, e non volevo coinvolgerlo. Anche se ormai lo era più di quanto avessi voluto all'inizio, non era detto che dovesse sobbarcarsi anche la carica emotiva che avrebbe comportato. Sarebbe stato già abbastanza vederlo preoccuparsi come stava già facendo, non serviva aggiungere il carico da novanta.

Nonostante la mia convinzione, Nikolaus fu irremovibile e a me non rimase che cedere.

«Ti odio.» Sbuffai alla fine dopo averle provate tutte scatenando un'altra piccola risata, diceva a me di essere testarda ma lui non era da meno. «L'altra cosa qual era?»

«Vieni con me a Roma?»

Mi immobilizzai quasi mi avesse detto che un asteroide stava per colpire la terra, possibile dovesse uscirsene sempre con queste cose senza un minimo di preavviso? Immaginavo cosa avrebbe risposto se glielo avessi detto: e dove sarebbe il gusto altrimenti?

«Eh? In che senso?» Mi sentii una perfetta idiota a porre una domanda del genere, ma, sul momento, non mi venne in mente nulla di meglio e non volevo credere che intendesse davvero piantare tutto e andare nella capitale italiana per... non avevo idea dello scopo.

«Nel senso che mi ha chiamato Simone dicendo che De Santis non avrebbe chiuso l'accordo se non ci fossi stato io.» C'era del fastidio ora nella sua voce, quella presa di posizione da parte dell'imprenditore italiano doveva averlo seccato più di quanto volesse far vedere.

«L'altra volta non ha detto nulla.» Commentai verificando con lo sguardo di aver messo tutto in ordine. Stavo sorvolando sul fatto di non conoscere minimamente quel Simone, ma non era su quello che dovevo focalizzarmi.

«A quanto pare adesso si è intestardito a voler definire gli ultimi dettagli solo con me, per questo stiamo andando a Roma.»

«Stiamo? Non ho ancora detto di sì.» Lo punzecchiai a metà tra il serio e il faceto, poi però tornai seria e aggiunsi: «E poi è una cosa che può fare? Cioè, glielo lasciamo fare?»

«Il contratto con lui ci frutta abbastanza da dover scendere a compromessi, quindi, sì, glielo lasciamo fare.» Lo immaginai alzare gli occhi al cielo per quel comportamento prepotente, era un gesto che si abbinava bene alla sfumatura seccata della sua voce. «Quindi prenoto i biglietti?»

«Non lo so, quanto pensavi di stare fuori?» L'idea di assentarmi a lungo e lasciare mio padre mi metteva ansia, già così poteva succedere qualcosa e io non avrei potuto far nulla, aggiungere anche la distanza di un intero viaggio in aereo all'equazione mi faceva nascere un peso sul petto che, se avessi detto di sì, sarebbe stato destinato ad appesantirsi.

«Partiamo domani e torniamo sabato.» Rimasi in silenzio, era solo tre giorno, poteva essere una cosa fattibile, ma, allo stesso tempo, erano tre interi giorni, poteva succedere qualsiasi cosa. Nikolaus dovette intuire cosa stavo pensando perché, dopo qualche secondo, chiese: «Stai pensando a tuo padre?»

A quel punto era inutile girarci intorno e, se davvero avessi detto di sì, non sarei riuscita a nascondere la preoccupazione quindi tanto valeva ammettere la verità.

«Ho paura a lasciarlo e di essere così lontana.»

Se mio padre mi avesse sentito, mi avrebbe dato un calcio nel didietro molto figurato e mi avrebbe rimproverato: a detta sua, non mi dovevo frenare dal fare delle cose solo per lui.

«Al di là degli scherzi, se non vuoi venire non c'è problema, ma ti prometto che, se dirai di sì, domenica ti porterò da lui non appena vorrai.» Nella voce di Nik non c'era più nessuna sfumatura di divertimento ed era inequivocabile che intendesse tutto ciò che stava dicendo, ormai lo conoscevo abbastanza da sapere che lo avrebbe fatto.

«Sarò in ansia tutto il tempo.» Ormai mi ero convinta, ma non gli avrei reso quella vittoria così facile.

«Farò in modo di distrarti.» Ribatté trionfante, aveva capito che lo stavo tenendo sulle spine ma che il sì era sulla punta della vita.

«E probabilmente chiamerò mio padre tre volte al giorno.» Continuai senza nascondere il divertimento, l'avrei comunque fatto ma in quel momento volevo solo punzecchiarlo.

«Non sarò certo io a impedirtelo.»

«Dovrai tradurmi tutto, non so una parola di italiano.»

«Sono qui per servirla, milady.» Scoppiammo a ridere quasi in contemporanea, poi lui aggiunse in tono dolce: «Quindi stai dicendo che verrai?»

«Sì, Nik, mi avrai aRoma con te.»

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Piccolo fun fact: il viaggio a Roma è stato un mio sclero visto che sti due non stavano quagliando e il avevo bisogno di cacciarli fuori dalla comfort zone 🤣

Prossimo aggiornamento: sabato con la prima parte del viaggio a Roma

Giorgia❤️

Armonia di sogni e speranzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora