44. Katharina

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Le situazioni tese non arrivano mai da sole, ma si accaniscono sulla vita proprio nel momento in cui senti di aver bisogno di fermarti e respirare a fondo.

Io mi sentivo proprio così.

E, per questo, nulla era destinato ad andare bene.

Ne ebbi la conferma non appena le porte dell'ascensore si aprirono e io notai il trambusto nel corridoio. Durante l'orario di visita le famiglie dei degenti affollavano l'angusto spazio, ma quello che stavo vedendo non era dovuto solo a quello.

Chi non aveva idea di cosa stesse succedendo, guardava in direzione di una porta in particolare, la medesima da cui provenivano le voci concitate dei medici e degli infermieri.

Mi resi conto con un secondo di ritardo che era la stanza di mio padre ad essere al centro dell'attenzione.

Merda!

Mi precipitai lì solo per immobilizzarmi sulla soglia. Sarah, la cui presenza registrai solo di sfuggita, si accorse subito di me e, facendomi distogliere l'attenzione dalla scena a cui stavo assistendo, non perse tempo a raggiungermi.

«Non puoi stare qui.» Mi spinse fuori accompagnandomi verso le sedie in plastica poco più in là lungo il corridoio. «È successo qualche minuto fa, lo stanno stabilizzando. Credo che Baumgarten ti spiegherà appena potrà.»

Ascoltai quelle parole senza registrarle davvero. Non avevo visto molto, ma era innegabile che fosse successo qualcosa di grave, anche lo sguardo scuro e corrucciato di Sarah me lo confermava.

Sul petto mi si era depositato un macigno che faceva sembrare impossibile inalare abbastanza aria, tanto che dovetti prendere un paio di respiri profondi per tornare con i piedi per terra. Non potevo farmi prendere dal panico, soprattutto non in quel momento.

Desiderai avere Nikolaus lì con me e per un istante considerai anche la possibilità di chiedergli di raggiungermi, poi però desistetti, aveva preferito aspettarmi di sotto per non incasinare ancora di più le cose tra noi quindi avrei dovuto fare da sola.

«Devo rientrare, tu ce la fai?» C'era un'urgenza nella voce dell'infermiera che denotava quanto fosse importante che tornasse di là il più velocemente possibile, ma quando annuii mi osservò per qualche momento con un'occhiata scettica. La fissai allontanarsi di corsa e rientrare nella stanza dove giaceva mio padre cercando di tenere sotto controllo il panico crescente.

Mi accartocciai su me stessa, i gomiti puntati contro le ginocchia e le mani a sostenere la testa diventata pesante all'improvviso. Provai a inalare aria, questa tuttavia non riusciva ad arrivare fino ai polmoni e io mi sentivo in caduta libera.

Dentro e fuori. Quand'era stato deciso che l'universo si sarebbe dovuto accanire contro di me?

Dentro e fuori. Non adesso, non poteva accadere adesso, avevo ancora bisogno di lui.

Dentro e fuori.

Dentro e fuori.

Dentro e fuori. L'aria ancora non sembrava intenzionata a raggiungere i polmoni.

Dentro e... una mano si poggio sulla mia spalla.

Scattai in posizione eretta, davanti a me sia il dottor Baumgarten sia Sarah mi guardavano allarmati.

«Signorina Werner, è sicura di sentirsi bene?» Domandò il medico esibendo un'espressione di invidiabile calma.

No, non stavo bene, ma la priorità non ero io. Forse, quando sarei stata in un luogo più calmo, il panico mi avrebbe assalito di nuovo, ma in quel momento dovevo essere presente a me stessa.

«Vado a prenderle dell'acqua.» Disse Sara senza darmi tempo di rispondere alla domanda.

«Ho solo bisogno di sapere come sta mio padre, io starò bene.»

C'era una richiesta implicita nelle mie parole, Baumgarten la colse perché, sedendosi accanto a me, la soddisfece qualche secondo dopo.

«Suo padre ha avuto un attacco respiratorio e abbiamo dovuto intubarlo. La crisi ha avuto una durata limitata, ma ho ordinato dei nuovi esami urgenti per verificare in che modo è cambiata la situazione. Non le mentirò, tempo che il tumore abbia intaccato i polmoni, episodi del tipo appena conclusasi sono abbastanza indicative in questo senso.»

Ogni parola pronunciata dall'uomo andava ad acuire il dolore al petto che si era fatto strada durante il mio tentativo di riacquistare il controllo.

Sarah tornò da noi in quel momento e i suoi movimenti catalizzarono la nostra attenzione, mi tese il contenitore di plastica dentro il quale l'acqua arrivava quasi fino al bordo. Qualche goccia cadde quando lo presi, le mani avevano preso a tremarmi senza che me ne accorgessi.

Ancora avvolte intorno al bicchiere, le portai al grembo e mi concentrai di nuovo sul medico.

«Quando li farete?»

«Katharina, lo hanno già portato a fare la TAC.» A rispondermi fu Sarah, con Baumgarten si scambiarono un'occhiata preoccupata. Mi aspettavo che dicessero qualcosa sua mia piccola crisi, che non ero sicura fosse già passata, invece, forse per delicatezza o forse perché effettivamente stava già scemando, non dissero nulla.

«Ah... ehm...» Quella disattenzione mi pesava, avrei voluto vederlo, ne avevo bisogno, dovevo vedere con i miei occhi che era ancora vivo. «Non so se potete permettermelo ma, nel caso ci mettessero tanto, posso aspettarlo?»

La richiesta che avevo appena pronunciato suonava infantile persino alle mie orecchie motivo per cui ero pronta a sentire una risposta negativo, ma il dottor Baumgarten mi sorprese ancora una volta.

«Credo si possa fare, almeno per un po'. Non dovrebbero metterci molto e credo che lo potrà vedere tra un'oretta. Dirò comunque di lasciarla rimanere un po' oltre il consentito.» Disse alzandosi pronto a riprendere l'attività ordinaria, Sarah lo aveva già fatto. «Se vuole, può aspettarlo in camera, credo la aiuterà anche a riacquistare la calma.»

Il che confermava come avesse notato lo stato in cui ero prima. Arrossendo per quella mia debolezza, lo ringraziai con un cenno del capo e lo guardai allontanarsi.

Solo quando rimasi sola e lontana da occhi indiscreti, circondata dalle bianche pareti asettiche, mi resi contro di dover avvertire Nikolaus. Nonostante le mie proteste, aveva insistito per rimanere comunque e accompagnarmi a casa una volta uscita da lì, ma, visto ciò che era successo, non aveva senso farlo aspettare ancora.

Deglutii fissando il suo contatto, si sarebbe preoccupato vedendo la mia chiamata e, soprattutto, avrebbe capito che qualcosa in me non andava non appena avessi aperto bocca.

Feci partire la telefonata e chiusi gli occhi appoggiandomi allo schienale della sedia su cui ero seduta.

«Katharina, cosa è successo?»

Non mi diede neanche il tempo di dire nulla. respirai a fondo prima di dire con voce flebile:

«C'è stato un problema. Credo che dovrò rimanere un po' di più, tu vai a casa, io prenderò i mezzi.»

Anche se avevo gli occhi chiusi, sentivo le lacrime premere per uscire. Battei le palpebre cercando di scacciarle.

«Non scherzare, non ti lascio sola, vengo subito da te.» E attaccò.

Una parte di me fu sollevata nel sentire quelle parole, era tutto ciò che desideravo, avere Nikolaus lì mi avrebbe dato un po' di quella forza che ora mi mancava. Dall'altra parte, però, stavo per scoppiare a piangere e non volevo che mi vedesse in quel modo.

Chiusi di nuovo gliocchi, una lacrima sgusciò fuori dalle palpebre socchiuse. A quel punto, però,era impossibile fermare le altre.

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A ogni capitolo mi innamoro sempre più di Nikolaus, voi no?

Prossimo aggiornamento: sabato

Giorgia ❤️

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