27. Katharina

63 2 0
                                    

La non risposta alla domanda che avevo posto a Nikolaus mi aveva scosso in una maniera che facevo fatica a comprendere, forse perché di per sé era già abbastanza eloquente. A volte, le parole sono superflue e non credo che in quell'occasione si sarebbe potuto equivocare qualcosa.

Ero anche arrabbiata con me stessa, come avevo fatto a non percepire i segnali?

Perché ero certa che c'erano stati, semplicemente non li avevo visti e compresi.

In pratica, ero fuggita. E lo avevo fatto come la peggiore delle codarde.

Jakob mi aveva visto uscire senza dire nulla, mi aveva rincorso e, sotto lo sguardo all'apparenza impassibile del figlio che non si era mosso da dove lo avevo lasciato, mi aveva chiesto cosa fosse successo. Avevo mentito guardando negli occhi proprio lui che consideravo un secondo padre, ma, nel panico del momento, non ero riuscita a inventarmi nulla di meglio di un generico non sto bene. Dopo quella bugia, me ne ero andata senza avere il coraggio di né l'uno né l'altro.

Solo una volta a casa mi ero concessa di pensare davvero a ciò che era successo e metabolizzarlo con il fedele e immancabile sotto.

Nick era geloso di me.

Ci avevo messo la piena durata dell'album Lover di Taylor Swift per realizzare tutte le implicazioni di quella situazione.

Ero nella merda.

E le cose non potevano che peggiorare.

Immaginavo già come sarebbero andate le cose: tra noi si sarebbero create delle tensioni, che si sarebbero ripercosse anche sul nostro lavoro in ufficio e a lungo andare saremmo arrivati al punto di rottura. E probabilmente sarebbe accaduto anche se ci fossimo seduti a parlare come gli adulti che eravamo.

Anche io mi ero affezionata a Nikolaus e non ero disposta a rinunciare a quell'amicizia che si era instaurata, ma non volevo permettermi di pensare a qualcosa di più. Non potevo.

Accettare la possibilità di un'evoluzione del nostro rapporto, significava anche coinvolgerlo più di quanto avessi intenzione di fare nella malattia di mio padre e io, quel fardello, non volevo che pesasse anche su Nikolaus.

Non lo avrei voluto su nessuno, ma su di lui in particolar modo. Avevo già visto quanto fosse capace di preoccuparsi anche con poco, non osavo immaginare quali livelli sarebbe stato capace di raggiungere, specie se stava sviluppando dei sentimenti per me.

Nonostante la pelle d'oca che mi assaliva a ogni nostro tocco casuale e nonostante l'affetto per lui, quel lunedì avrei chiarito con lui.

O almeno questo era il proposito, nulla andò come avevo previsto.

Al mio arrivo in ufficio, di Nik non c'era traccia, il che era già di per sé una spia della situazione, e tutto sembrava avvolto in una cappa cupa. Probabilmente però era solo una mia percezione visto che sentivo l'agitazione corrermi veloce sottopelle e l'idea di affrontare il mio capo ne aggiungeva altra.

L'obiettivo che mi ero prefissata quel giorno era chiarire con Nikolaus che non era il momento giusto per qualcosa di sentimentale e impegnativo come una relazione – in realtà non era il momento per qualsiasi cosa che andasse oltre la scopata occasionale – quindi non doveva mettersi in testa nulla di particolare, peccato che, quando arrivò con quasi due ore di ritardo, Nikolaus mi dedicò a malapena un cenno di saluto.

Una parte di me riuscì a rimanere abbastanza razionale da giudicare coerente e comprensibile un comportamento del genere, l'altra ci restò male. Mi aspettavo un raffreddamento almeno momentaneo del suo modo di fare, ma non quell'indifferenza che sapevamo entrambi essere solo apparente.

Armonia di sogni e speranzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora