59. Katharina

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Quando uscimmo dall'elegante edificio della Mayer Advertising Society, Nikolaus mi chiese ancora una volta se fossi sicura di voler fare quanto avevo detto, ma io avevo ormai deciso. Avrei messo a posto le cose appartenute a mio padre e lo avrei fatto quel giorno. Sapevo che non sarebbe stato facile, ma avevo deciso di affrontare la situazione con coraggio. E sapevo che Nikolaus sarebbe stato al mio fianco, pronto a sostenermi.

Nel tragitto tenni gli occhi fissi sulla strada familiare, negli ultimi giorni mi ero praticamente trasferita da lui, ma sarei dovuta tornare a casa prima o poi e quella potenziale solitudine mi faceva paura.

«Sei pronta?» Chiese Nikolaus, la voce calma e rassicurante, quando mi vide esitare davanti alla porta della camera.

«Penso di sì.» Risposi cercando di infondere fiducia nelle mie parole. Prima di lasciare il tempo alle insicurezze di farmi avere dei ripensamenti, feci girare la chiave nella serratura ed entrai. La stanza era rimasta come l'avevo lasciata l'ultima volta e quasi sembrava che il tempo lì dentro si fosse fermato. Feci scorrere lo sguardo su ogni dettaglio, volevo imprimermelo nella memoria prima di smantellarlo pezzo per pezzo.

Il tocco caldo di Nikolaus, mi fece riportare l'attenzione su di lui.

«Possiamo fare un passo alla volta.» Mormorò con voce gentile. «Iniziamo con ciò che vuoi.»

Presi un respiro profondo, gli occhi fissi sulla scrivania, quella sarebbe stata la cosa più facile da affrontare e anche quella che ci avrebbe portato via più tempo, mio padre teneva il mondo in quei cassetti. Aprii il cassetto più in alto, dentro c'era un assortimento di penne, fogli mezzi scritti e, sotto tutto, un'unica fotografia. Con uno sbuffo contrariato, la sollevai per mostrarla a Nikolaus.

«È molto bella.» Disse Nikolaus con cautela, osservando più me che la fotografia. «Sembravate tutti e tre felici.»

Se non avessi detto altro, Nikolaus non avrebbe insistito, ne ero certa, ma sentivo in qualche modo di dover dire qualcosa, senza contare che quella foto riportava alla mente un bel momento.

«Mi ricordo questa giornata, abbiamo fatto cose normalissime, un gelato, una passeggiata al parco, cose così, ma la mamma aveva uno sguardo così sereno che l'idea che se ne sarebbe andata poco dopo sembrava impensabile.»

Mi rigirai l'immagine plastificata tra le mani, pensierosa, la voce di Nikolaus però mi fece concentrare di nuovo su di lui.

«La vita è fatta anche solo di ritorni e addii, non solo di persone che rimangono.»

«Mia madre non sarà un ritorno.» Risposi piccata, anche se ci eravamo lasciate con una sottospecie di tregua, non l'avevo di certo perdonata.

«Non deve esserlo per forza, è una tua scelta e nessuno ha il diritto di negartela.»

Non risposi, ma tornai a concentrarmi sul contenuto dei cassetti, era inutile continuare quel discorso che non avrebbe mai portato da nessuna parte.

Continuammo a svuotare la scrivania, mettendo da parte gli oggetti da tenere e quelli da dare via e donare. Era un processo abbastanza automatico da non farmi pesare ogni singolo ricordo che scaturiva da ognuno di essi ma, allo stesso tempo, tanto impegnativo da costringermi a rimanere focalizzata. Man mano che il tempo passava, la stanza cominciava a trasformarsi. I ricordi si stavano liberando, e il dolore, sebbene ancora presente, sembrava meno opprimente.

«Sicura di voler dar via tutto?» Chiese Nikolaus mentre estraeva un'altra camicia dall'armadio. «Potresti tenere qualcosa come ricordo.»

Occhieggiai la fantasia particolare di quella che teneva in mano, era alquanto improbabile e non ricordavo con precisione l'occasione in cui mio padre l'aveva comprata, ma era una bella camicia e darla via mi dispiaceva.

«Forse potrei tenerne un paio coke ricordo.» Mi guardai intorno. «Non so cosa diventerà questa stanza ma voglio che rappresenti un nuovo inizio.»

Nikolaus si aprì in un sorriso fiero ma non disse nulla mentre io cominciavo a passare in rassegna i libri nella piccola libreria. Non era un grande lettore, a quei volumi era affezionato.

«Amava visceralmente questi libri.» Mormorai accarezzando il dorso di quello più vicino. «Non ho il cuore di darli via.»

«Allora questi li mettiamo tra le cose da tenere.» E cominciò a tirarli fuori dalla piccola libreria per riporli dentro gli scatoloni che avevamo recuperato.

Ci volle un po' perché svuotassimo la stanza, fu doloroso scegliere quali oggetti - quali ricordi - lasciarsi dietro e quali far rimanere, ma, alla fine, anche se il dolore non era scomparso, mi sentivo più in pace con me stessa. In quei due giorni avevo affrontato il passato, ora potevo guardare al futuro senza rimpianti.

Osservai la stanza intorno a me con un sorriso soddisfatto e una sensazione di sollievo sottopelle, in qualche modo, mettere a posto le cose mi aveva aiutato, avevo lasciato andare una parte del dolore, l'altra dubitavo sarebbe mai andato via.

«Tuo padre sarebbe felice di vedere quel sorriso.» Disse Nikolaus abbracciandomi da dietro, io mi voltai tra le sue braccia e lo sguardo che mi rivolse mi fece sentire capace di fare tutto. «Ora direi che ci siamo meritati una bella ricompensa.» Aggiunse afferrandomi una mano e trascinandomi fuori da quella stanza.

«Davvero? E avevi in mente qualcosa?» Lo punzecchiai stando al gioco, conscia però che, anche se il tono usato era vagamente allusivo, non avremmo fatto nulla, Nikolaus era troppo gentiluomo per fare oltre lo scherzarci in questo momento.

«Sì, un'idea o due le ho.»

Di nuovo, sorrisi per il commento allusivo, chissà come avrebbe reagito se avessi fatto io la prima mossa. Scossi la testa per quel pensiero, avrei avutoil tempo di scoprirlo.
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Meno uno all'epilogo, cosa ne pensate?🔥

Prossimo aggiornamento: Sabato🫶🏻

Giorgia ❤️

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