49. Veronica

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La mattina dopo ero già pronta a lasciarmi alle spalle l'episodio con mia madre, forse quella risoluzione fu dovuta a Nikolaus che mi svegliò con una dolcezza tale da mettere in ginocchio anche un cuore di ghiaccio.

Quando mi svegliai, lui era voltato su un fianco, che mi guardava con un sorriso ebete stampato sul volto.

«Ciao.» Mormorai stringendomi contro di lui. Nikolaus mi accolse tra le sue braccia e si sporse a lasciare un piccolo bacio sulle mie labbra.

«Buongiorno dormigliona.» Soffiò a un millimetro dal mio viso quando si staccò.

«Che ore...»

La vibrazione di un telefono mi interruppe, dovevo esser tornata nel mondo dei vivi poco prima della sveglia. Nikolaus afferrò il telefono ancor prima che la suoneria potesse spandersi nella stanza, si accigliò e fece scorrere il dito sullo schermo.

«Non ti chiederò perché non rispondi in ufficio, né perché anche Katharina sembri sparita nel nulla, ma perché stai parlando dal suo telefono?» Trillò la voce di Jakob quando Nikolaus pronunciò un saluto interrogativo. Nonostante non fosse in vivavoce, io sentii tutto, d'altra parte ero praticamente spalmata su di lui, sarebbe stato impossibile non sentire.

Nikolaus scostò il telefono dall'orecchio, osservandolo come se fosse un serpente a due teste, solo in quel momento mi accorsi della cover blu che spiccava tra le sue dita. Ridacchiai, quello era il mio e Nikolaus aveva appena risposto come se nulla fosse.

Oh beh, prima o poi avrebbe dovuto mettere al corrente il padre della recente svolta che aveva preso la nostra relazione.

«Merda.» Mormorò capendo anche lui l'errore e continuando a guardare il dispositivo come se potesse esplodergli in mano da un momento all'altro. L'istante dopo se lo riportò all'orecchio mentre con pollice e indice si stropicciava gli occhi. «Non volevo dirtelo così ma...»

«Avete chiarito?» Lo interruppe il padre, mostrando una buona dose di impazienza che mi fece sorridere, forse Jakob aveva capito cosa stava accadendo tra di noi prima di chiunque altro.

«In realtà abbiamo più che chiarito

«Quindi?» Domandò ancora con lo stesso fervore di prima. Nikolaus aveva in volto un'adorabile espressione tra l'imbarazzato e l'esasperato che mi fece nascere un sorriso, era il caso di intervenire, altrimenti rischiavo di vederlo sotterrarsi. Sfilai il telefono dalla presa di Nikolaus che mi lasciò fare senza protestare.

«Ciao Jakob, sì, ci siamo messi insieme.»

«Ah, bene.» Poi il silenzio stagnò dall'altra parte della cornetta, il mio uomo borbottò qualcosa a cui non prestai molta attenzione e fece scivolare le mani sul mio corpo.

«Ci stavi cercando per un motivo preciso?» Domandai con la voce più alta di mezza ottava, ero di colpo consapevole di dove le mani di Nikolaus stavano accarezzando e volevo che scendesse giusto quel pelino che gli mancava per andare a toccare i punti giusti. Ancorai gli occhi ai suoi che erano già fissi su di me, qualcosa nel suo sguardo però non me la raccontava giusta e lui non fece mai quel piccolo passo che stavo desiderando con tutta me stessa.

«Non proprio.» Rispose Jakob dall'altro lato della cornetta, non suonò convinto delle due parole appena pronunciate, ma, prima che potessi fare alcunché, Nikolaus borbottò in finto tono contrariato:

«Voleva impicciarsi nelle nostre vite.»

Gli diedi un buffetto innocuo sul braccio e gli fece la linguaccia, lui sbuffò di rimando e sorrise.

«Come dici tu, Nik.» Se conoscevo abbastanza Jakob, aveva appena alzato gli occhi al cielo. «Ma parliamo di cose importanti: visto che ora state insieme, quando porti Kat da noi? Tua madre farà i salti di gioia quando lo saprà.»

Armonia di sogni e speranzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora