38. Nikolaus

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Quando finalmente tornammo all'appartamento, era tardi e la stanchezza si faceva sentire. Ma, nonostante la giornata intensa e la breve parentesi di tensione al Gianicolo, la serenità era tornata a essere padrona dell'atmosfera.

Katharina aveva presto archiviato ciò che era successo, io però avevo continuato a girarmi e rigirarmi la conversazione in testa per tutto il pomeriggio, qualcuno che ne sapesse più di me di psicologia ne avrebbe tratto più informazioni, a me bastava avere la conferma che la fatica che Katharina faceva a fidarci era dovuta a una vecchia ferita ancora sanguinante. Non mi sarei comportato in modo diverso con lei, avrei solo limato qualche piccolo comportamento, anche perché se lei si fosse accorta di qualsiasi cambiamento imputabile a quella confessione, mi avrebbe davvero azzannato alla giugulare.

«Non credo di avere le forze per ripartire domani, però sono pronta a rifarlo quando vuoi.» La voce attutita di Katharina mi scosse da quelle elucubrazioni. Istintivamente sorrisi della sua posa, aveva infatti la testa poggiata sulle braccia ed era mezza sdraiata sull'isola della cucina, il giro della città doveva averla stancata molto. E poi, con quel suo pigiama rosa e l'aria di potersi addormentare da un momento all'altro, era buffissima. Ci eravamo cambiati subito dopo esserci fatti una doccia per togliere il sudore della giornata e, di comune accordo, avevamo indossato i pigiami, ma, quando era riemersa dal bagno, Katharina aveva legato di nuovo i lunghi capelli castani nelle stesse trecce che aveva sfoggiato il giorno prima.

«Prometto di riportarti presto qui.» Sempre che me l'avesse lasciato fare, dubitavo che avrebbe accettato con molta facilità se non ci fosse stato in mezzo il lavoro. Scacciando quel pensiero le porsi un bicchiere di vino. «Alla nostro viaggio nella Città Eterna.» Dissi facendo tintinnare i bicchieri tra loro.

Bere vino in pigiama insieme alla donna di cui ero innamorato: fatto.

Era inutile continuare a girarci intorno, Katharina si era scavata un posto nel mio cuore e lo aveva fatto giorno dopo giorno tanto che, se non mi fossi già sbilanciato in passato, dubitavo che se ne sarebbe accorta.

Ma lei aveva messo in chiaro le cose: non era pronta per una relazione.

Anche se quella cosa non mi aveva colto di sorpresa, d'altra parte l'essere letteralmente scappata dopo che aveva insinuato la mia gelosia rendeva la cosa abbastanza inequivocabile, ma sentivo che questo viaggio a Roma stava cambiando le carte in tavola e forse potevo concedermi di sperare.

«Al nostro viaggio.» Mi fece eco lei, ignara dei miei pensieri.

***

Quando la mattina seguente mi svegliai, trovai Katharina già sveglia che ascoltava un po' di musica sul divano. Era ancora in pigiama, cosa che di per sé non avrebbe destato la mia attenzione, ma c'era qualcosa in lei che non la faceva sembrare in forma. Forse era il braccio poggiato mollemente sugli occhi quasi le dolesse la testa o forse era il rossore che le colorava le guance a far scattare il sospetto che non stesse bene, quando però la sfiorai per richiamare la sua attenzione e chiederle se andasse tutto bene, lei non disse nulla.

Figurarsi, avrebbe finto di non stare male anche con quaranta di febbre e una polmonite. Visto che lei si ostinava a far finta di nulla, l'avrei tenuta d'occhio per quel giorno, compito destinato a non rivelarsi particolarmente arduo visto che dovevamo trascorrerlo insieme.

La colazione – che dovetti convincere Katharina a fare – fu tanto rapida quanto silenziosa, ma non c'era imbarazzo in quella quiete, d'altra parte eravamo obbligati a passare delle ore insieme concentrati ognuno sul proprio schermo, qualche minuto senza chiacchiere non poteva spaventarci.

Nonostante Katharina fosse già sveglia, ci mise più di me a riordinare la valigia, reputai quel fatto come strano visto che Katharina tendeva a essere sempre organizzata ed energica. In realtà, più che strano mi confermava per la seconda volta il sospetto di quella mattina.

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