50. Nikolaus

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Dopo quello scoppio di rabbia mattutino, mi attendevo che Katharina fosse scostante, credevo avesse bisogno di scendere a patti con le emozioni che erano messe a dura prova sia dagli ultimi eventi sia da ciò che le si scatenava dentro ogni volta che si trovava davanti a sua madre, anche se solo in forma di accenno verbale. In effetti, in auto non pronunciò mezza parola e tanto persa nelle proprie elucubrazioni che non ero neanche sicuro che stesse vedendo davvero la strada davanti a lei.

Arrivati da Tristan, però, fece una cosa che sorprese entrambi: invece di salutarlo alla solita maniera, abbracciò mio fratello come se non lo vedesse da anni. O come se avesse bisogno di conforto e non sapesse dove trovarlo.

Tristan ci mise qualche istante prima di ricambiare quel gesto così spontaneo ma altrettanto strano. Ormai avevo imparato a conoscere colei che, finalmente, potevo definire la mia ragazza e, se c’era una parola che non avrei usato per lei, era proprio espansiva.

E, a giudicare dallo sguardo perplesso e interrogativo che mi stava lanciando Tris, anche lui la pensava allo stesso modo.

«Anche tu mi sei mancata, Kat.» Pronunciò tenendo gli occhi fissi su di me, ma dando a quelle parole un’inclinazione giocosa e scevra da qualsiasi inflessione che potesse impensierire Katharina. Scossi la testa in una risposta silenziosa, gli avrei spiegato in un altro momento, quando non sarei stato preoccupato per lei.

«Abbiamo una notizia da darti.» Rispose lei in tono che a me sembrò fin troppo squillante, come se quello strano momento appena passato non fosse mai esistito. O magari ero io che mi stavo preoccupando troppo, Katharina era adulta, intelligente e, soprattutto, abituata a essere indipendente, quello poteva essere solo il suo personalissimo modo di reagire a troppe situazioni scomode tutte insieme. «Altrimenti Jakob ti rovinerà la sorpresa.»

«C’entra il perché sei sparita all’improvviso dalla festa della società?» Tris, con uno sguardo che gridava malizia e un ghigno furbo in volto, incrociò le braccia davanti al petto. Anche Katharina si lasciò andare a un piccolo sorriso e io mi ritrovai a tirare un sospiro di sollievo. Avrei dovuto dire qualcosa invece di starmene lì impalato ad assistere a quello scambio come se quel discorso non mi interessasse, ma ero troppo impegnato ad analizzare ogni microespressione che si affacciava sul volto della mia donna.

Ero tentato di piantare in asso tutto il lavoro che ci aspettava e chiuderci da qualche parte per spingerla a parlare con me, ma non potevo, il progetto per il Dark Matter era importante e, soprattutto, non potevamo sparire un’altra volta per un giorno intero, non era giusto verso i miei dipendenti e noi avevamo delle pratiche burocratiche da sbrigare.

«Diciamo di sì, abbiamo litigato…»

Tristan la interruppe subito.

«Nulla di nuovo, insomma.»
«Poi abbiamo chiarito.» Katharina continuò senza curarsi delle parole di mio fratello . «E ora stiamo insieme.»

Sganciò la bomba come se nulla fosse e Tristan ci mise qualche istante a elaborare quell'informazione.

«Davvero?» Chiese con gli occhi sgranati, quando tutti gli ingranaggi si allinearono tra loro.
Repressi una risatina davanti alla sua espressione per metà scioccata e per metà esultante, Katharina non fece lo stesso e, ridacchiando, annuì.

«E Abel lo sa?»

«A te l'onore di dirglielo, se vuoi.» Intervenni io a quel punto, avrebbe adorato farlo e chi ero io per negarglielo?

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