36. Katharina

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Della sera prima, non ricordavo di aver visto la fine de La compagnia dell'anello, ma, quando aprii gli occhi con la lentezza tipica della mattina, fu la prima cosa che mi tornò alla mente.

Ancora intorpidita dal sonno, osservai la stanza intorno a me con curiosità, non la riconoscevo e ci misi qualche secondo a ricordare che non potevo farlo visto che ero a Roma con Nikolaus.

Il cuore saltò un battito a quella consapevolezza: ero a Roma da sola con Nikolaus.

L'istante dopo, però, realizzai anche quale era stato l'epilogo della serata e desiderai sprofondare nelle viscere della terra: mi ero addormentata come una pera cotta.

«Che imbarazzo.» Mormorai tra me e me, sedendomi sul letto e passandomi una mano tra i capelli. Non avevo intenzione di addormentarmi così, ma evidentemente ero più stanca di quel che pensavo e avevo ceduto al sonno per forza di cose.

Con un sospiro di sconforto, intrecciai i capelli in due semplici trecce, farlo ogni mattina mi faceva sentire in ordine e mi dava l'impressione di essere pronta ad affrontare qualsiasi cosa quel giorno avesse in serbo per me.

Mentre ultimavo la seconda treccia, notai un paio di pantaloni grigi appoggiati alla rinfusa su una sedia, li riconobbi subito: erano quelli che Nik aveva indossato la sera prima. Un leggero sorriso mi incurvò le labbra, quando lo avevo visto con solo quelli addosso, mi ero imbambolata a guardarlo, ma anche lui non era stato da meno e mi aveva scrutato da capo a piedi tanto che non avevo potuto fare a meno di arrossire.

Anche se in maniera a malapena percepibile, quel viaggio, per quanto breve e improvviso, stava cambiando le carte in tavola in un modo che mi rifiutavo di analizzare. Non volevo mettere sul piatto della bilancia sensazioni e sentimenti, non in quel momento almeno.

Quando mi sentii presentabile e pronta a scoprire cosa Nikolaus avesse pensato, o, più probabilmente, improvvisato, per quel giorno mi avventurai alla sua ricerca che si rivelò più facile del previsto dato che la casa era invasa da un profumo delizioso. Lo seguii fino alla cucina dove trovai proprio il mio uomo già vestito di tutto punto, con le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti per evitare di sporcarsi, e intento a preparare quelli che sembravano essere dei pancake promettenti.

«Buongiorno.» Mormorai per annunciare la mia presenza, meglio non farmi beccare a fissarlo come una mania e aggiungere imbarazzo all'imbarazzo.

Lui alzò gli occhi dalla sua preparazione e sorrise.

«Buongiorno, hai dormito bene?»

Quasi mi aspettavo che continuasse con un giocoso nel mio letto, sarebbe stato proprio da lui, ma quella piccola postilla non arrivò mai e io mi ritrovai ad annuire quasi in automatico prima di aggiungere:

«Mi dispiace essermi addormentata così.»

Nikolaus, in risposta, scrollò le spalle accompagnando quel gesto con una mezza risata:

«Non preoccuparti, eri stanca e dispiace più a me di aver dormito accanto a te senza averti chiesto se ti andasse bene.» Poi, facendo un cenno verso il piatto che si andava piano piano riempiendo di dolci, chiese: «Pancake?»

Io, però, ero ferma a ciò che aveva detto prima, si stava scusando per una cosa del genere quando era il suo letto, quello dovevamo dormito? Senza contare che di Nikolaus mi fidavo e non mi creava nessuno scompenso l'aver passato la notte insieme a lui, non facendo nulla tra l'altro. In realtà, l'unica cosa che aveva scaturito era una buona dose di imbarazzo da parte mia.

Con un cenno del capo, annuii e, con uno sbadiglio ancora assonnato, mi sedetti all'isola dell'openspace dove Nikolaus aveva già apparecchiato. Al contrario mio, lui sembrava scoppiare di energia.

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