32. Nikolaus

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Katharina salì in macchina sbadigliando e salutando me e Abel con un buongiorno biascicato.

«Buongiorno dolcezza, ti abbiamo buttato giù dal letto?» Abel era troppo attivo anche per i miei gusti, l'orario era improponibile, ma, visto l'aereo alle sette e venti, non potevamo muoverci più tardi di così.

«Prenotare l'aereo all'alba è stata una crudeltà.» Rispose Katharina con lo stesso tono assonnato, io e Abel scoppiammo a ridere per quell'intonazione anche un po' lamentosa. Se avessi dovuto scommettere, avrei detto che si fosse svegliata da pochissimo, complice anche l'acconciatura meno elaborata del solito, le due semplici trecce basse che sapevano fare anche i bambini erano molto rivelatorie in questo senso.

Katharina non riuscì a scrollarsi di dosso quella stanchezza data dal poco sonno neanche nel lasso di tempo che impiegammo per arrivare all'imbarco, tanto che, mentre aspettavamo che ci facessero salire sull'aereo, la motteggiai per quello.

«Ancora un piccolo sforzo, sull'aereo ti aspettano tre ore di sonno.»

In risposta, mi regalò un altro mugugno stanco mentre si strofinava gli occhi con una mano e con l'altra scrollava qualcosa sul telefono, non avrei mai detto che ci mettesse così tanto a carburare la mattina.

«Ho una domanda.» Esordì solo per essere interrotta da un altro sonoro sbadiglio che mi fece sorridere. «Perché non vedo la prenotazione dell'albergo? Dimmi che l'hai prenotato e non te ne sei dimenticato.»

«Non l'ho prenotato.» Ammisi candidamente, ma quando Katharina mi scoccò un'occhiataccia capace di uccidere, aggiunsi in fretta: «Ma c'è un motivo.»

«Sentiamo, sono curiosa.» Incrociò le braccia davanti a sé, sembrava essersi accesa di colpo, ma, se c'era una cosa che avevo capito di lei, era che bastava toccare il tasto giusto per vederla animarsi.

«Alloggeremo a casa mia.»

Sul volto di Katharina passò una sequela di espressioni buffe in pochi secondi e io mi preparai a vederla scoppiare. Non dirle nulla prima era stato un azzardo, uno di quelli pericolosi, ma trovare un albergo in poco tempo sarebbe stata una scocciatura, specie se avevamo la comodità di una casa già pronta. Alla fine, però, mi prese in contropiede.

«Okay, me lo sono meritato, ti stai vendicando di ciò che non ti ho detto io.»

Certo, perché io sono davvero vendicativo pensai trattenendomi dall'alzare gli occhi al cielo.

«No, in realtà ho solo pensato che fosse la cosa più veloce, in fondo era inutile cercare un albergo quando c'è una casa vuota che aspetta solo di essere usata.»

Katharina mi scrutò con gli occhi ridotti a due fessure quasi le avessi arrecato un qualche tipo di offesa, alla fine sbuffò e rispose: «Se me lo avessi detto avrei portato più roba.»

Occhieggiai il borsone che aveva portato e che era poggiato sul mio trolley, sembrava esser pronto ad esplodere e non volevo sapere quante cose ci avesse messo dentro. Se non avessimo già passato il controlli, avrei detto che superasse i dieci chili consentiti.

«Allora forse è un bene che tu sia stata all'oscuro fino ad ora.»

La punzecchiai guadagnandomi un'altra occhiataccia mentre, finalmente, aprivano il gate per salire sull'aereo.

***

Alla fine, mentre io mi tenevo occupato con il cellulare, Katharina dormì per tutte e tre le abbondanti ore di viaggio e, quando scendemmo dal velivolo, era più carica che mai tanto da continuare a lamentarsi per un eccesso di galanteria. Avevo, infatti, messo a tracolla il suo borsone prima ancora che lei riuscisse ad afferrarlo e, facendo scivolare il trolley per terra, stavo portando io entrambi i nostri bagagli. Katharina non aveva gradito quella presa di posizione e, lungo tutto il percorso fino ai parcheggi dell'aeroporto, continuò a protestare che non era giusto che portassi entrambi i bagagli, che erano pesanti e che se l'avesse saputo non sarebbe venuta.

Armonia di sogni e speranzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora