AUSTIN

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E lo so bene, dovrei avere anche io una vita, ma ho scelto di usar la mia per crearne una collettiva.

Ultimo.

<Cosa vuoi?>

Risposi già innervosito ancor prima di svegliarmi del tutto. Avevo sonno, e non avevo sicuramente voglia di sentire quella voce come primo suono della giornata.

<Ho saputo che l'altro giorno hai saltato un appuntamento. Non ci siamo Austin>

<Senti, sono andato a quello dopo ho avuto un impegno e mi sono ritardato>

<Spero per te che questo ritardo non sia stato causato da una ragazza>

Buttai giù la chiamata.

L'ennesima menzogna dettata dallo spirito di sopravvivenza mi venne fuori lasciva. La verità era proprio quella. Avevo fatto tardi proprio per una ragazza. E non si trattava di una ragazza qualsiasi. Si trattava di Laura, quella fottutissima mina vagante dagli occhi d'angelo. Si, proprio lei, la causa di tutte le mie mosse false.

Quella sera era successo davvero, avevo perso il controllo e soprattutto, avevo infranto un'altra regola, forse era la seconda o la terza.. ma poco importava dal momento in cui ero perfettamente consapevole che la lista delle mie stesse regole era andata a farsi fottere in quel sorriso.

L'avevo guardava mentre veniva. E cazzo, ci sarei morto in quello sguardo.

Ricordo che quella sera, dopo essere scappato come un bambino in preda al panico, ero andato a ricordarmi chi ero. Una persona schifosa. E a ricordarmi quanto lei fosse tutto ciò che non dovevo avere.

In quella gabbia, c'ero io. C'era la triste rappresentazione della mia vita.

Ricordo a malapena la bionda di turno, l'avevo presa con forza con violenza senza preoccuparmi di lei, delle sue suppliche di dolore. Non me ne fregava proprio niente. Voleva quello, ed io gli e lo avevo dato.

L'allarme di pericolo, quello che ormai da troppo tempo mi suonava intesta, aumentò il volume quando, dopo l'ennesimo schiaffo tirato sul sedere di quella specie di donna bionda, mi accorsi di una cosa: Con la piccola Italy, mi ero preoccupato di farle del male.

Non nego che ci avevo dato giù pesante, dopo tutto la mia natura era quella ed i miei gusti pure. Ricordo ancora la rapidità con la quale il suo piccolo corpicino sbatteva inerme sotto di me e sotto la forza delle spinte che le affliggevo. Però, c'era un però. Ed era un però molto pericoloso. La proteggevo. E non andava bene proprio per niente.

E poi ci sarebbe una lista infinita di errori da valutare. Ad esempio la reazione spontanea a quel livido.

Cazzo mi aveva mandato in bestia. L'avevo intuito subito che c'era qualcosa che non andava. I suoi occhi, erano tristi. L'azzurro era leggermente più scuro.

Ormai i miei errori erano tanti, e dovevo fare qualcosa, seppur quella giornata con lei era stata una delle esperienze più eccitanti della mia triste vita, non doveva più accadere, non dovevo mai più perdere il controllo in quel modo.

<Hai finito di agitarti come una biscia?> Si lamentò Mike al mio fianco.

Ero così preso nei miei viaggi da essermi scordato di lui ma ci misi poco a raccogliere la memoria, quella sera non avevo fumato. Avrei voluto tanto, ma erano tutti lì e non volevo dare ulteriormente nell'occhio.

<Cosa c'è? pensieri?> Ironizzò ancora lo stronzo del mio amico.

<No, ma tu sei peggio di un cazzo di dinosauro. Cacci caldo e sei ingombrante> Ringhiai.

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