LAURA

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E' troppo chiedere al mondo di lasciarti vivere senza abbandonarti?

E' troppo voler cercare una mano pronta a non farti cadere ma allo stesso tempo pronta a lanciarti di nuovo?

Martina G.

Ore infinite di viaggio, ore infine a pensare, a capire il perché mia madre si fosse comportata così, e del perché mi avesse lasciata sola, senza neanche avvisare, sicuramente avrei potuto darle più considerazione, avrei potuto stare con lei, alla fine era venuta a trovarmi per stare insieme a me, ed io, pensavo ad altro. Non mi ero comportata bene con lei, lo sapevo, ma sapevo anche che lei non si era mai comportata così bene con me, solo perché nella vita non mi aveva mai fatto mancare nulla, non voleva dire che io per forza dovevo esserle grata a vita, d'altra parte, nella mia vita lei era presente solo fisicamente e materialmente, ma quando avevo bisogno di confrontarmi, di parlare, di essere felice o piangere lei non c'era. 

E ripeto, nonostante lei si sia sempre impegnata a darmi tutto ciò che di materiale avevo bisogno, sentivo comunque quella mancanza enorme, quella di avere una persona pronta a sostenermi, a non giudicarmi e ad aiutarmi ad affrontare la mia età. Ero ancora così piccola rispetto a tutta la vita che avevo davanti, ero così inesperta, a diciannove anni non si è abbastanza consapevoli, non si è pronti ad affrontare questa vita, bisogna viverla, ed io cercavo di farlo, anche se a volte, un piccolo aiuto, una piccola spinta verso il futuro avrei voluto averla. 

Ho sempre odiato la monotonia, e anche la troppa sicurezza, quella mi metteva agitazione, l'idea di dover assecondare gli altri, di dover essere sempre e solo come gli altri volevano, l'idea di dover per forza seguire una vita che non sentivo mia erano tutti concetti che fin da piccola odiavo, volevo crearmelo da sola quel cavolo di futuro, e volevo farlo con la mia testa con i miei sbagli e le mie cadute. 

Alla fine non  chiedevo tanto, desideravo solo quella mano, pronta a tirarmi su dopo l'ennesima caduta, quella mano che mentre ti reggeva ti spingeva a riprovare di nuovo, a rincorrere quell'idea, quella pazzia chiamata felicità. Avrei voluto anche solo una volta sentirmi dire di osare, di non avere paura del non programmato, di non arrendermi al primo errore, o al primo pianto. Avrei tanto voluto sentirmi dire corri, corri fino a che non trovi la strada giusta, corri, non fermarti mai, non accontentarmi mai. 

Ho sempre corso nella vita, ho sempre cercato di farlo, anche se spesso era difficile, anche se lungo il tragitto spesso trovavo ostacoli, cercavo sempre di saltarli, di guardarli in faccia e dirgli Tu non mi fermerai. 

Anche quella sera, dopo che mi ero lanciata dal grattacielo, dopo che per l'ennesima volta avevo deciso di continuare la corsa, di imbattermi nella tempesta per trovare la luce, dopo il viaggio sulla Luna, per forza di cose mi dovetti trovare a provare a saltare un altro ostacolo. 

Era sul tavolo, mentre la casa era vuota. Mia madre non c'era, ma c'era un biglietto.

Scusami, sono dovuta scappare. Ti ho ho mandato per e-mail due biglietti. 

Un semplice messaggio, privo di emozioni, di colori, di musica. Voleva che io andassi da lei, non capivo il motivo, non capivo se stesse succedendo qualcosa, effettivamente era strana, sfuggente, più del solito. 


Finalmente il Taxi mi portò davanti a casa mia, quella casa, ricca di abbracci mancati, di frasi non dette, ma anche di tanto tanto amore, quello di mio Papà. Spensi la musica, compagna di vita e di quel viaggio interminabile e raggiungi la porta. 

Il profumo di casa mi accolse delicato. Nonostante tutto ero felice di tornare li, quella era la mia casa, tra quelle mura c'ero io, da piccola, che correvo felice per i corridoio, c'ero io quando ancora non conoscevo altro sentimento che la felicità. C'era la tavola ricca di buon cibo con i miei nonni, mia mamma e mio papà. La mia famiglia. 

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