MEZZANOTTE

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Non appena Sofia mise piede al bunker, capì che c'era qualcosa che non andava.
Quel giorno aveva svolto il suo primo esonero di pedagogia generale, e l'idea iniziale era di fermarsi a Firenze con degli amici del suo corso per un aperitivo.
Mentre si dirigeva al bar prescelto però, l'aveva chiamata Duccio, dicendole di raggiungerlo al bunker.
La romana aveva provato ad indagare, ma il rosso era rimasto sul vago, dicendogli solo che c'era bisogno di lei. Quindi con la scusa di aver avuto un'emergenza a casa, aveva preso il primo treno per Empoli e si era precipitata dall'amico.
Una volta entrata, era stata placcata proprio da Duccio, accompagnato da Jacopo. Entrambi avevano addosso un'aria drammatica e preoccupata.
"Ok, che cazzo succede?"
Sofia si stava spaventando. Mentre era in treno aveva chiamato Ludovica, per capire se lei sapesse qualcosa, ma l'amica le aveva comunicato che al momento si trovava a casa di Marco a guardare un film, e che non aveva idea di che cosa potesse essere successo. Aveva chiesto anche al platinato, il quale aveva scosso la testa, come a dire che anche lui non sapeva nulla.
"Visto che mancano dieci giorni alla partenza, ci stiamo dividendo gli orari per provare la nostra parte del pezzo da soli con Jack, per controllare che sia tutto ok. Oggi era il turno di Fares, io sono venuto solo perché volevo finire un dipinto"
"Du, vai dritto al punto"
"Stavamo provando, stava andando anche bene, solo che di punto in bianco si è bloccato, ha spalancato la porta e si è chiuso nella stanzetta accanto al bagno. Abbiamo provato a dirgli qualcosa, ma ci ha mandati a fare in culo. Sta lì da più di un'ora" alle parole di Jacopo, Sofia alzò un sopracciglio.
"E perché avete chiamato proprio me?"
"Sofi, non siamo ciechi. Vi siete avvicinati molto nell'ultimo periodo, e si vede che hai una sorta di potere su di lui. Quando ci sei tu nei dintorni è sempre di buon umore, quindi abbiamo pensato che potessi parlarci tu".
Sofia sospirò. Non aveva idea di cosa potesse dirgli in più degli altri, soprattutto perché non facendo il suo lavoro, non conosceva determinate ansie che potevano provenire da lì, ma capì che gli amici erano in difficoltà, quindi decise di provare comunque.
Si recò nella stanza dove si era rinchiuso il biondo, e bussò.
"Jack cazzo, ho detto che non ti apro. Fai provare Duccio già che sta qui, io per ora non voglio sentire nessuno, lasciami stare"
"Piè sono Sofi, vengo in pace"
"Non ho voglia di parlare, ora mi passa veramente. Voglio solo stare da solo".
Sofia sorrise notando che il biondo avesse addolcito il tono, ma non lasciò perdere.
I due ragazzi si assomigliavano anche nel modo in cui affrontavano le loro ansie, chiudendosi a riccio. E Sofia, vivendolo sulla sua pelle, sapeva che Pietro stesse mentendo. La compagnia in quei casi, anche se non voluta apertamente, era la cosa migliore.
"Non dobbiamo parla pe forza Piè, fammi entrare però. Ho comprato delle nuove heets, le vuoi provare?" Sofia non avendo trovato le sue amate heets turchesi al tabacchi vicino l'università, aveva preso un gusto mai provato, e sapeva quanto il biondo amasse provare cose nuove.
Sentì dei passi, e la porta si aprì.
Pietro le fece cenno di entrare, con lo sguardo spento e gli occhi arrossati. Si vedeva lontano un miglio che avesse pianto.
Si sedettero sulla brandina e, nel completo silenzio, Sofia passò al biondo la heets accesa.
Pietro fece un paio di tiri, per poi tossire.
"Ma che schifo! Ma a che gusto sono?!" Sofia scoppiò a ridere.
"Ma che ne so, me le ha rifilate il tabaccaio. Erano le uniche che gli erano rimaste, ma ero disperata prima dell'esame, quindi ho fatto pippa"
"Ah cazzo, l'esame. Com'è andato?" Pietro la guardò curioso, nonostante avesse ancora addosso una faccia da cane bastonato.
"Non lo so sinceramente. Erano 15 domande, alcune facili, altre un po' più toste. Famo le corna, in settimana dovrebbero darmi i risultati".
Pietro annuì, per poi restituire l'iqos alla mora.
"Fumatela tu, io non ci riesco, fa veramente schifo".
La romana finì la heets, storcendo il naso. Quel gusto faceva veramente schifo.
"Piè, ora vuoi dirmi che succede? Non te voglio costringe, ma sono preoccupata. Anche Jack e Duccio lo sono. Ti va di parlarne?".
Il biondo tentennò, per poi sospirare.
"È una cazzata in realtà. Stavo provando la mia strofa con Jack, e mi sono bloccato. Mi è salita l'ansia tutta insieme e non la so gestire. Forse sto realizzando solo ora che fra dieci giorni cantaremo sul palco di Sanremo giovani, e sono terrorizzato. Ho paura di fare un disastro, ma non voglio essere un peso per gli altri. Anche loro hanno le loro pare, non voglio appesantirli"
"Piè, non è una cazzata. Ci sta che te stai a caga sotto, chi non avrebbe l'ansia? Solo un robot cazzo! È un passo importante per voi, ce sta che stai angosciato, ma chiudersi in se stessi non aiuta. Fidati, lo so perfettamente"
"È che non riesco a pensare ad altro. Nella mia testa ci sono solo scenari in cui finisco col fare figure di merda e basta, deludendo gli altri"
"Piè ma anche loro stanno così. Magari lo nascondono meglio, ma si vede che siete tutti emozionati. Ed è più che giusto. Ma perché devi pensa alle figure di merda? Tu devi solo fare quello che sai fare meglio, cioè salire sul palco e cantare, e fidati che andrà bene. Se continui a pensare negativo, ti crei la fossa da solo, ed è peggio" Il monologo di Sofia venne interrotto dal ridacchiare del biondo.
La romana lo trucidò con lo sguardo, ma lui non accennava a smettere.
"Scusa, è che è la prima volta che dici più di una frase senza usare il tuo dialetto, mi fa troppo strano"
"A piè, ma vattene a fanculo va"
"Ecco ora ti riconosco" Sofia non riuscì a resistere, e si unì alla risata del biondo, rincuorata dal fatto che sembrava stesse cominciando a distrarsi.
"Senti, te propongo una cosa. Ora ci alziamo, ti levi dalla faccia sti occhi da cane bastonato, e ce ne andiamo a prendere un gelato, e poi mi accompagni da Ezio. E non accetto un no come risposta"
"Va bene signor capitano, non si può rifiutare un gelato". Sofia gli sorrise, per poi alzarsi.
Prima di riuscire a lasciare la stanza però, il biondo la prese per un braccio, abbracciandola.
"Grazie Sofi, veramente"
"Ma va va" era imbarazzata fino al midollo. Ogni volta che il biondo la sfiorava, la toccava, la guardava, si sentiva scombussolata. E parte di lei era anche orgogliosa del fatto che si fosse aperto solo con lei. Si sentiva importante.
"Ma allora sei vivo bro" Jacopo ruppe il loro momento di affetto avendo visto la porta della stanzetta finalmente aperta.
"Scusa per prima Jack, mi ero fatto prendere dalle pare. Puoi finire con piccolo oggi? Domani giuro che non scappo". Il rosso, sentendosi preso in causa, rassicurò il biondo, dicendogli che avrebbe preso lui quel giorno per le prove, anticipandole, e lasciando il suo spazio a Pietro.
"Andiamo a prendere un gelato, ci vediamo dopo" Pietro sorrise sereno ai due amici, prima di lasciare il bunker in compagnia della mora.
"Certo che è proprio cotto" Duccio sorrise. Era contento di vedere come l'amico si fosse ripreso da un momento di sconforto grazie a Sofia.
"Hai ragione Jack. Anche se conoscendolo prima di farglielo ammettere ci vorrà un'eternità".
Jacopo rise all'affermazione dell'amico, per poi tornare nella stanza delle registrazioni, ricominciando a lavorare.
Dopotutto, mancavano dieci giorni ad un'esperienza che il collettivo avrebbe portato nel cuore per tutta la vita.

Dipingere la notte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora