29- Come se nulla fosse successo

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Iniziò a rallentare e finalmente si fermò davanti al vialetto di casa. Tutto mi ritornò alla mente. La porta che si chiudeva dietro di me e io che cercavo di scappare via e non provare più niente. 

<< Siamo arrivati tesoro. >> La voce di mia madre mi fece rimettere l'attenzione su ciò che davvero importava. 

Riuscire a scendere dalla macchina senza crollare sulle mie stesse ginocchia. Le rivolsi uno sguardo, uno sguardo nullo, uno sguardo che cercava solo il sostegno di un altro sguardo.

Volevo che mi guardasse non per com'ero in quel momento, ma per com'ero sempre stata. Lei, invece mi guardava con una pietà negli occhi da far paura. 

Odiavo quando mi guardava così. Come se fossi debole e non fossi in grado di farcela anche da sola. 

<< Ti aiuto a scendere dall'auto. >> Mi disse lei mentre cercavo di aprire la portiera. 

<< No ce la faccio lo stesso da sola. >> Tuonai prima che lei potesse fare qualcosa. 

La sua schiena piombò di nuovo pesante contro lo schienale del sedile ed emise un piccolo sospiro di esasperazione. 

Aprii la portiera e scesi lentamente reggendomi a essa. Aspettai qualche secondo per avere conferma che le mie ginocchia mi reggessero e alla fine feci un passo. 

Feci difficoltà a camminare normalmente, ma già fare qualche passo era tanto. Mio fratello più grande uscì e mi venne incontro. 

Era pronto a prendermi o accompagnarmi, ma io non volevo l'aiuto di nessuno. 

Mi porse la mano in modo che io la prendessi, ma lo fulminai con lo sguardo e lui la ritrasse immediatamente. << Sei troppo testarda. Dovresti farti aiutare. >> Disse sicuro. 

La sua voce risuonò limpida ma decisa. Risuonò fastidiosa, tanto che sperai che non aprisse mai più quella bocca. 

<< Non ho bisogno di te. Non ho bisogno di nessuno. >> Dichiarai guardando mia madre che aveva lo sguardo perso e tutte le persone che erano corse in mio soccorso. 

Andai avanti fregandomi di tutti. Sapevo che dietro di me c'era mia fratello che era lì pronto a prendermi in qualsiasi momento, ma non dissi niente. Anche la lingua mi faceva male a volte. 

Il dolore mi aveva divorata. Tutta, completamente. Non restava niente di me. Niente di niente. 

Quella frase non mi usciva dalla testa. Quella parole riecheggiava nei miei pensieri e mi torturava. "Depressione". Soffrivo di depressione. Questa era stata la conclusione in psichiatria. Soffrivo di depressione e non ero consapevole di ciò che facevo. Oltre ai farmaci e alla riabilitazione l'unica cosa che potevo fare era ricominciare in un posto più tranquillo. Lontano dalla città.

Un posto dove non potessi impazzire. 

Mi avevano riempito di persone attorno ogni secondo per paura che potessi farmi del male. Ma io arrivavo a farmelo anche con loro a fianco. In ospedale per paura che mi continuassi a ferire o che mi tagliassi mi legarono i polsi al letto e allontanarono farmaci e qualsiasi oggetto a rischio. 

Arrivai alla porta dopo circa cinque minuti. Camminai lenta e mi armai di tutte le forze per non crollare e avere le mani degli altri addosso.

Mi armai di tutte le mie forze per non scoppiare a piangere, perché anche solo respirare faceva male. 

La porta fu come una salvezza, mi aggrappai come se fosse la cosa che volessi di più. Mi aggrappai come se fosse l'unico appiglio su una parete completamente liscia da scalare. 

Burning in hellDove le storie prendono vita. Scoprilo ora