42- Il Diavolo

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Mi arrivò a un soffio dal viso ma non si permise di toccarmi. Forse lo avrebbe fatto a breve ma prima tastò il territorio analizzandomi attentamente. 

<< Non hai paura di niente vero? >> Mi chiese con tono di sfida. 

Non abbassai la testa e i miei occhi saettarono nei miei per provare a entrarmi dentro l'anima, ma non glielo permisi. 

Non avrebbe letto nulla di me, nulla. 

<< Perché dovrei avere paura di un idiota come te? >> 

Il lato sinistro del suo labbro si alzò vertiginosamente e poi sorrise. 

<< Ti credi tanto forte solo perché sai che non posso toccarti. >> Questo era vero. Ma per quanto mi riguardava poteva anche toccarmi, fare quello che voleva, non mi importava perché io non ero debole. 

E poi dopotutto è proprio in questi momenti che si vede chi sono le vere persone. 

<< E io che credevo che avessi un cervello per riflettere da solo pensa che stronza. >>

I suoi occhi si infuocarono, mi senti bruciare la pelle, ma cosa poteva farmi se io all'inferno ci avevo già bruciato ripetute volte? 

<< Sembra che il diavolo ti ha reso più forte vero? Ti sembra di poter sconfiggere il mondo, ammiro la tua forza, la tua testardaggine e il tuo coraggio, ma questo non farà altro che ricordarmi quanto sei fottuta. Sono quelli più forti a essere le più deboli. >> 

Il sorriso che mi si era creato prima scomparì improvvisamente. La rabbia prese il controllo e gli tirai un pugno dritto in faccia. Gli colpii lo zigomo così forte da lasciargli il segno. << Io non sono debole. >> Gli dissi a un soffio dal suo viso. 

Pronunciai bene quelle parole in modo che le capisse, ma lui sembrò ancora concentrato sul pugno che li avevo tirato. 

Mi prese con forza e mi sbatté contro la portiera dell'auto dietro di me. Lo scontro fu all'inizio doloroso successivamente piacevole. 

Sembrava furioso.  

Era arrabbiato per un pugno seriamente? 

Provai a dimenarmi dal suo tocco che cominciò a infastidirmi ma lui strinse ancora più forte e allora il mio cuore sembrò fare un tonfo rumoroso e poi cercare di rialzarsi come se nulla fosse successo. 

<< Cos'è che ti ha ferito così tanto? >> Gli chiesi cercando di mantenere il controllo. 

Lui sembrò non sapere come rispondere a quella domanda. Sembrava non aspettarsela. 

<< Chiudi quella bocca. >> No, sembrava proprio non sapere cosa rispondere a quella domanda. 

<< Non hai neanche idea di quanto faccia male. >> Sputò fuori arrabbiato. 

Certo che sapevo quanto cazzo faceva male. Avevo i segni sulla pelle per quanto cazzo faceva male. 

<< Cambiamo domanda: perché ho una taglia sulla testa e hai paura di me? >> 

La sua espressione mi fece capire che si era calmato almeno un po', che forse il mio cambio di argomento l'aveva messo più a suo agio. 

<< Sono due le domande. Te ne concedo solo una Evelyn. Quindi riflettici molto bene. >> 

Erano tante le domande che volevo fargli, e altrettante le risposte che volevo ottenere. E qualcosa mi diceva che qualsiasi sarebbe stata la sua risposta alla mia domanda non sarebbe stata sincera del tutto. 

Burning in hellDove le storie prendono vita. Scoprilo ora