9. SAMPOZUMI (SIMPOSIO)

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Il dedalo di corridoi e scale che mi conducono alla sala del banchetto è lungo oltre che intricato, quindi cerco di fare molta attenzione per star dietro al ragazzo che mi fa strada. Intanto cerco anche di entrare in contatto con me stesso per trovare l'equilibrio che mi servirà per mantenermi lucido nelle prossime ore modulando la mia respirazione in modo regolare e profondo. Mentre sono assorto, Androsh sbuca da un corridoio alla mia destra, anche lui si sta dirigendo al Sampozùmi. Questo incontro fortuito mi rincuora e mi solleva. Lui mi sorride con la sua espressione maliziosa.

- "Zoteri, possiamo fare insieme il percorso fino alla sala del Sampozùmi?"

Mi chiede in modo gentile, arrossendo. Allora non è così sfrontato come vuol dare a vedere...

- "Non vedo perché no".

Non stavo affatto riuscendo a tenere la pace interiore con la respirazione, quindi forse meglio distrarmi con qualche chiacchera.

- "Come mai sei da solo e non con gli altri Honomàze?" (Sospetto che stava cercando proprio me)

- "Ci siamo separati. Non conosco nessuno degli altri e ho preferito andare da solo."

Arrossisce di nuovo, mi sa che sta mentendo. Mentre camminiamo mi sta molto vicino, con la mano spesso mi sfiora. Sento chiaramente la sua intenzione di sedurmi o conquistarmi. Avevo avuto questo sospetto anche la mattina durante il primo incontro. Cerco di essere il più distaccato possibile. Non sono più il ragazzo di qualche anno fa che si appartava dietro le colonne per soddisfare gli istinti. Meglio continuare a parlare.

- "Com'è la tua sistemazione? Come ti trovi con gli altri diales (ragazzi)?"

Risponde educatamente, ma si vede che la Fleka della passione lo sta consumando. In fondo ne sono lusingato.

- "Siamo 12 dentro una sola grande stanza, ma ognuno ha il suo letto e mi sembrano tutti bravi diales, anche se molti di loro hanno paura di quel che succederà stasera e in futuro."

- "Posso immaginare... e tu non hai paura?"

- "No! Perché dovrei averne?"

- "In effetti non c'è motivo di aver paura, non vi succederà nulla di male, puoi rassicurare anche gli altri."

- "Certamente, lo farò. Mio fratello invece come sta? Non l'ho più visto..."

- "Sta bene, è con Dashrua, la mia fedele Sherbetòr. Ha mangiato e adesso sta dormendo. È al sicuro. Me ne prenderò cura io. Vivrà nella mia stèpi. Gli alloggi che ospitano gli Honomàze non sono adatti ad un bambino. Tra qualche anno potrebbe venire a vivere lì con voi  nella Stèpi Honomàze, anche se non è tecnicamente possibile, visto che lui non è un parelindùrit (primogenito)."

- "Bene, mi fa molto piacere che sarete voi ad occuparvi di lui."

Arriviamo davanti alla porta, gli dico di entrare per primo, non possiamo entrare insieme. Io entrerò alcuni istanti dopo. Lui sorride, annuisce, e fa come gli dico. Apre la porta ed entra. Faccio appena in tempo a sentire il frastuono provenire da dentro che la porta si richiude. Meno male. Respiro lentamente e profondamente, placo ogni mia ansietà, mi prendo qualche minuto per me. Il servo che ci ha accompagnati si allontana, mi rassicura che sarà lì quando il banchetto sarà finito. Respiro lentamente, sono in pace, ho trovato il mio centro, sento la mia fleka divina bruciare dentro di me. Adesso sono pronto, mi avvicino all'entrata, i due Sherbetòr che sono ai lati della porta aprono entrambi i battenti ed io posso fare il mio ingresso nella sala gremita di burres (uomini) che aspettano solo me.

Potresh vistosamente brillo si alza in piedi, si trova dall'altra parte della sala, tiene in alto la sua coppa e propone un brindisi per me urlando:

EONIOS DESMOS (LEGAME ETERNO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora