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POV NADIA

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POV NADIA

Le sue braccia erano tese, le mie gambe avvolgevano i suoi fianchi, si arrampicavano sul suo corpo offrendogli la migliore angolazione possibile per spingere fino in fondo e colpirmi fino alla cervice. A volte faceva male. Dietro le attenzioni e le cure di Dario, c'era una vena violenta che ogni tanto emergeva, prepotente. Ero già piena di lividi ovali sulle cosce, e sapevo che ne sarebbero comparsi degli altri. Eppure, non osavo fermarlo, per paura che cambiasse idea e rinunciasse a quell'impeto che stavo amando sempre di più.

Da quella prima volta insieme, il sesso con Dario era diventato un'ossessione. Lo facevamo di continuo, di nascosto, ritagliando per noi degli attimi rubati alla quotidianità. Ci incontravamo soprattutto di sera o in qualsiasi altro momento libero, spinti da un desiderio che sembrava divorarci. Ogni minuto che non passavamo a toccarci sembrava un minuto sprecato.

E allora ecco quelle lunghe nottate, quando fingevo di uscire con Asia solo per salire in macchina di Dario, parcheggiato dietro l'angolo, e andare a casa sua. O quando uscivo dalla facoltà e lui mi aspettava in fondo alla piazza, cercando di passare inosservato mentre mi aspettava, e io lo raggiungevo, ansiosa di baciare l'uomo che volevo più di ogni altra cosa, sapendo che presto mi avrebbe fatto toccare il cielo con un dito. Quando non c'era, mi tormentava l'impazienza di tornare da lui, desiderosa di aprire le gambe e supplicarlo di fare di me ciò che voleva.

Stavo imparando il suo corpo a memoria. Ormai conoscevo ogni dettaglio: l'espressione che faceva quando il piacere era vicino, il modo in cui socchiudeva gli occhi e i suoi versi, profondi e intensi, inebrianti.

Tirai la testa all'indietro, una mano aggrappata alla sua, che stringeva forte il mio fianco, l'altra afferrava disperatamente il lenzuolo dietro di me. Urlai, quando il mio mondo esplose. Stavolta, non vidi le scintille; la luce calda del sole pomeridiano mi distraeva. Ma vidi Dario crollare su di me con un gemito, e sapevo che non ne avrei mai avuto abbastanza di lui.

Indossava ancora gli occhiali, come spesso faceva da quando gli avevo confessato quanto mi piacesse vederlo così. Quella consuetudine necessaria mi offriva un senso di familiarità, un legame con il Dario di sempre, quello che era stato mite e riservato, e che poi era cambiato, costringendomi a trovare un modo per bilanciare la scoperta del nuovo Dario, più intrigante e passionale, che però continuava a suscitare in me una certa apprensione. Mi tormentava l'incertezza: quanto sarebbe durata questa nuova intensità e, alla fine, cosa sarebbe rimasto di lui? Cercavo di non pensarci.

Stanco e con l'affanno, Dario si tirò su e si guardò uscire lentamente da me. Sapevo che il suo seme stava sgorgando insieme a lui. Con quegli occhiali che mascheravano in parte la sua lussuria, mi sorrise e disse, la voce stanca: "Sono contento di averli addosso. Così posso vedere ogni dettaglio del tuo corpo."

Anche io lo ammiravo, magro e senza muscoli marcati, ma comunque forte e terribilmente maschile. I suoi sguardi mi imbarazzavano, all'inizio, ed era stato strano anche per me vederlo nella sua nudità, ma ora mi piaceva e basta. Lui era perfetto anche laggiù. Lo vidi posare lo sguardo lungo il mio corpo, e poi accarezzarmi il seno con una mano, pizzicandolo senza gentilezza.

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