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POV ASIA

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POV ASIA

Eravamo stesi sul letto, mezzi nudi, il lenzuolo aggrovigliato sotto di noi. L'odore di fumo e sudore impregnava l'aria della mia stanza, mischiato all'aroma dolciastro dello spinello che Tony mi stava passando. Ridevamo, senza nemmeno sapere perché, forse solo per il sollievo temporaneo che ci dava quella nostra passionalità malata.

Tony, sdraiato su un fianco, mi accarezzava il sedere con una mano, mentre con l'altra portava il filtro alle labbra, aspirando con lentezza. I suoi occhi erano socchiusi, le labbra incurvate in quel suo solito sorriso pigro e beffardo. Ogni tanto si sporgeva verso di me, depositando baci lenti e disordinati lungo la schiena, sulle spalle. Le sue mani erano ovunque, e io lasciavo che fosse così, perché con lui era sempre stato così.

Sdraiata a pancia in giù, non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi, cercando di non pensare troppo, mentre la sua pelle appiccicosa toccava la mia. Sentivo il peso del suo corpo su un fianco, il calore, il sudore che si mischiava al mio. Era tutto un disastro. Ma un meraviglioso disastro. Anzi, forse, era proprio questo che mi riportava da lui ogni volta. Quel caos familiare, quel senso di vuoto che riempivamo con sesso, fumo e risate forzate.

"Sei troppo silenziosa." Sussurrò all'improvviso, soffocando una risatina. "Ti sei pentita?"

Sorrisi, perché in realtà era uno di quei pochi momenti in cui mi sentivo davvero tranquilla e appagata. Giamma scopava da dio. Ma Tony era... diverso.

"No, sei tu che parli troppo." Risposi, cercando di nascondere il groviglio che avevo dentro. Cercavo di sembrare leggera, come se questa fosse solo un'altra delle nostre solite serate di sesso dopo un litigio, e non un evento che mi aveva costretto ad aprire gli occhi sui miei veri sentimenti per lui.

Tony rise, dandomi un colpetto sul sedere. "Non riesci a starmi lontana." Disse con quel tono basso, pieno di finto disinteresse, che mi faceva venire voglia di odiarlo e amarlo al tempo stesso.

Non risposi subito. Mi limitai a togliergli lo spinello dalle dita, facendone un tiro profondo. Il fumo bruciava la gola, mentre fissavo il suo volto ancora troppo vicino al mio. E per quanto volessi negarlo, aveva ragione. Ogni volta che dicevo che era finita, finivo per cedere. E ogni volta che tornavo da lui, mi sentivo come se stessimo giocando una partita che non potevo vincere. Ero sempre lì. Ma lo era anche lui.

"Sei tu che non riesci a starmi lontano." dissi infine, passandogli lo spinello con un mezzo sorriso. "Dov'è Erica?" Lui piegò la testa di lato e guardò altrove, come se non volesse essere letto da me.

"Nello stesso posto in cui è anche quello stronzo che frequenti tu." Prese un tiro e si avvicinò di nuovo, le sue labbra a pochi centimetri dalle mie, mentre soffiava lentamente il fumo contro di me. "In fondo, siamo uguali. Due psicopatici che non possono vivere assieme, ma neanche separati."

Quelle parole mi colpirono forte. Non potevo sopportarlo. Aveva detto ad alta voce quello che cercavo di negare a me stessa. Litigare e finire a letto, scappare e cercarsi, il fumo, il sudore, le sue mani che non si fermavano mai... era tutto così familiare, così tossico, eppure così meraviglioso da non poterne fare a meno.

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