Nadia ha 21 anni e nessun obiettivo: non ha più interesse per gli studi di Lettere e il suo futuro è un'incognita. Quando realizza di provare un'attrazione proibita per Dario, il suo patrigno di 36 anni, un affascinante professore di Fisica, il suo...
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Giamma mi stava aspettando. Avvicinandomi a lui, vidi che controllava la strada, le braccia conserte e lo sguardo carico di sfida. Mi faceva così rabbia, che avrei voluto prenderlo a schiaffi.
La differenza che c'era tra il suo abbigliamento e il mio, era più o meno quella esistente in una qualunque coppia che si preparava a uscire con gli amici: se io ero esageratamente ben vestita, lui era conciato come se si fosse vestito al buio degli spogliatoi del campo da calcio. Avvicinandomi, constatai che i suoi capelli sapevano di shampoo, segno che si fosse fatto almeno una doccia, prima incontrare le ragazze.
Lo imitai, guardandolo di sbieco, come se odiassi la sua presenza, anche se in realtà speravo di poter parlare con lui da un giorno intero. Non era ancora il momento, però. C'era molta gente nelle vicinanze, che chiacchierava prendendo a morsi il panino, e qualcuno era seduto attorno ai tavolini di plastica, in penombra, a pochi passi da Giamma.
"Mi devi chiedere scusa." Sentenziò lui, con durezza, non appena mi vide, senza neanche salutare.
"Per cosa?"
"Per avermele fatte girare come non mai. Mi devi un bacio."
Pensai a uno scherzo, ma presto capii che diceva sul serio. La sua pretesa stuzzicò in me qualcosa, ma lasciai vincere il mio più saggio bisogno di non dargliela vinta.
"Ti piacerebbe!" Ribattei. "Tu mi fai arrabbiare di continuo, e io non dico mai niente. Sei esagerato."
"Esagerato io? Vuoi che ti rilegga il messaggio che mi hai mandato?" Esclamò Giamma, e in un baleno si rabbuiò: "E poi, cosa ne sai tu della squadra?"
"È saltato fuori stasera a cena." Spiegai, studiando le sue espressioni, che sapevano di diffidenza. "Ora so che ti alleni con mio padre per questo. Potevate dirmelo subito, no? Mi sono sentita una stupida a scoprirlo così, per caso."
"Non erano affari tuoi, e non lo sono neanche adesso. Quanto al resto..."
"No, non dirlo!" Lo avvisai. Avevo intuito le sue intenzioni da quel sorrisetto malefico. "Se mi dici che sono una stupida abbiamo chiuso per sempre."
Giamma ci pensò un momento.
"Sei una stupida." Affermò, con convinzione. "Cosa c'entra tuo padre con me? Prima dai i numeri, e poi ti chiedi perché non ti parlo delle mie cose; chi me lo fa fare, se poi reagisci come una pazza?"
"E va bene, se è questo che pensi di me, me ne vado!" Girai i tacchi e camminai nella direzione da cui ero venuta, sentendomi già stanca dei suoi rimproveri, e intuendo che lui l'avrebbe capito soltanto se avessi agito così.
Giamma infatti mi seguì, e quando arrivammo al buio, dietro al carrozzone, mi fermò. Mi girai e lo trovai davanti al mio naso, le mani che scendevano ad accarezzarmi la schiena. Mi dimenticai subito di qualunque cosa ci fossimo appena detti, e dei motivi per cui spesso mi faceva arrabbiare.