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Avevo appena terminato la chiamata con Asia

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Avevo appena terminato la chiamata con Asia. Il mio telefono aveva squillato presto, non erano neanche le nove; a quell'ora avevo già rinunciato al sonno per tornare sui libri, che erano l'unica arma che avevo contro i miei pensieri.

Quando avevo realizzato che fosse proprio Asia a chiamarmi, ne ero rimasta delusa, ma avevo risposto lo stesso temendo che avesse un problema.

Mi accorsi che voleva solo parlare. Anche lei aveva dormito pochissimo - era tornata a casa molto tardi - ed era preoccupata per me. Mentii dicendo che stavo bene, e lei mi parlò di Giamma.

"L'abbiamo fatto tutta la notte in macchina, dopo la spiaggia." Mi aveva raccontato, e ne era ancora entusiasta come una bambina che aveva scoperto un nuovo mondo. "È stato incredibile. Lui è... perfetto, non ci sono parole. Sei sicura che non ti dia fastidio se succede di nuovo?"

"Sicurissima." Avevo risposto, celando il mio risentimento, dato che il mio incontro in macchina con Dario era stato invece un disastro. Ero furiosa perché le cose sembravano andarmi sempre peggio che a chiunque altro. E forse anche per altri motivi.

Ora stavo fissando il libro di testo, le cui pagine lisce riflettevano la luce calda del sole del mattino, che arrivava diretto dalla finestra davanti alla scrivania. I concetti espressi dal libro scivolavano via dalla mia mente, ora più che mai. Poi qualcuno bussò alla mia porta.

"Ehi, scema." Esclamò la voce di Giamma, che era entrato in camera senza permesso. Divenni tesa in sua presenza, un po' com'ero stata negli ultimi giorni, ma con più risentimento dopo i fatti della scorsa sera.

Continuavo a pensare che lui fosse all'origine di ogni mio problema. Se solo non fosse il tipo da saltare di fiore in fiore, se solo non avesse acceso in me certe pulsioni, io non avrei mai trovato il coraggio di saltare addosso a Dario; di conseguenza, io e lui non ci saremmo mai ritrovati a vivere una situazione tanto sgradevole.

"Ciao, demente." Lo salutai, a denti stretti.

Giamma andò a gettarsi sul mio letto con la solita disinvoltura. La rete scricchiolò. Controllai subito i suoi piedi, accertandomi che si fosse tolto le ciabatte prima di toccare il copriletto. Lui mi lanciò un sorriso sarcastico, ma nei suoi occhi c'era qualcosa di più. Una punta di preoccupazione, forse?

"Si può sapere che ti è successo ieri? Ci hai fatto prendere un colpo, pensavamo ti avessero rapita o che fossi morta."

Che esagerazione, pensai. Non ero abituata a ricevere tante attenzioni, ma dovevo ammettere che sapere che i miei amici si fossero preoccupati per me mi faceva sentire meno sola.

"Te l'ho detto, è stata la birra, mi sono sentita male. Ora va meglio."

Lui si sdraiò sul letto come una statua etrusca, di lato, appoggiando solo il suo gomito forte al mio cuscino.

"Quindi insisti con questa versione." Mi disse, mantenendo il suo ghigno. "Io pensavo che il motivo era un altro."

"Quale?" Sbottai, sbattendo la penna sul tavolo.

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