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I rumori in cucina mi svegliarono dal mio sonno tormentato

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I rumori in cucina mi svegliarono dal mio sonno tormentato. L'agitazione per quel che avevo fatto con Giamma era ancora così grande, che nei primi secondi avevo dato per certo che mio padre sapesse già tutto.

Da una rapida occhiata in sala, però, mi accorsi che nulla era cambiato. Lui sedeva a tavola inzuppando qualcosa nel cappuccino, Anna preparava il caffè in silenzio. Non si parlavano, come succedeva ormai da giorni.

Dato che ormai ero sveglia, mi trascinai in cucina; lei mi salutò a malapena mentre mi stropicciavo gli occhi assonnati. Nel suo atteggiamento, oltre alla solita freddezza, c'era anche un lieve imbarazzo.

"A che ora siete rientrati, stamattina?" Domandò mio padre con tono inquisitorio. Lanciò un'occhiata alla stanza di Giamma, che io evitai di guardare.

Aprii invece il pensile dei biscotti, cercando di sembrare indifferente. "Boh, forse alle cinque."

"Mi sono addormentato..." Borbottò lui, irritato, dando ad Anna un pretesto per rivolgergli la parola.

"Lo capisci che non serve a niente? Se hanno intenzione di fare qualcosa, la faranno fuori da qui, dove tu non potrai vederli."

"Almeno ci provo! Tu che fai, a parte criticare?" Sbottò mio padre.

Anna alzò la tazzina del caffè e la sua mano tremò leggermente, facendo scivolare qualche goccia dalla ceramica. "Ormai sono grandi. Basta solo che siano prudenti."

Lui la guardò incredulo. "Ah, e questa tua nuova filosofia vale solo quando non è tuo figlio a perderci, giusto?"

"Potete smetterla di litigare?" Sbottai, facendomi avanti. Lasciai i biscotti sul ripiano, le mani tremanti per l'agitazione. La discussione mi riguardava personalmente, e non potevo più restare in silenzio a guardare. "Anna, ti chiedo scusa per aver chiesto a Giamma di accompagnarmi a San Lorenzo. Non l'avrei mai fatto se avessi saputo della partita."

Mi fermai un attimo per respirare, il cuore che mi martellava nel petto. "Forse, se non foste stati così scaramantici e me l'aveste detto subito, si sarebbe potuto evitare! Io non lo sto usando. Siamo amici." Abbassai lo sguardo e aggiunsi: "Nient'altro."

Non era del tutto una menzogna. Ormai lo conoscevo abbastanza da sapere che per lui sesso e amicizia potevano convivere pacificamente. E poi, chissà se quella follia tra noi sarebbe andata avanti? Con lui non avevo ragionato, mi ero lasciata trascinare dall'istinto. Era sembrato giusto e sbagliato allo stesso tempo. Nella mia mente, ancora adesso era tutto confuso.

Mio padre ascoltava con sospetto. Anna, che aveva invece l'intuito femminile dalla sua, rifletté un momento.

"Mi fa piacere che siate... amici. Spero solo che continuerete a state attenti... quando uscite la sera. Non fateci preoccupare." Guardò altrove e bevve il suo caffè.

Io mi girai dall'altra parte, annuendo con un gesto nervoso. Ero arrossita, Anna aveva capito tutto. Anche troppo.

"Per quanto riguarda le altre cose..." Tornò a dirmi, il tono più morbido rispetto a prima. "Mi dispiace. Non dovevo prendermela con te. Ho esagerato."

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