Nadia ha 21 anni e nessun obiettivo: non ha più interesse per gli studi di Lettere e il suo futuro è un'incognita. Quando realizza di provare un'attrazione proibita per Dario, il suo patrigno di 36 anni, un affascinante professore di Fisica, il suo...
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L'esame di Letteratura si avvicinava rapidamente. Ormai mancavano solo due settimane, e io avevo deciso di lasciare la mia stanza piccola e calda per andare a studiare nella biblioteca della facoltà. Lì c'era l'aria condizionata sempre accesa, il silenzio tombale mi aiutava a concentrarmi, e vedere gli altri studenti immersi nei propri libri mi motivava a impegnarmi di più.
Quando, però, ogni tanto, alzavo lo sguardo su di loro e li osservavo, mi ricordavo che erano tutti più avanti di me; allora l'insicurezza si insinuava nella mia mente e mi demoralizzava.
Le informazioni faticavano a restare nel mio cervello. Era come se dovessi aggrapparmi a ogni singola nozione, lottando per non lasciarla scivolare via. Guardando gli altri, mi chiedevo cosa ci fosse di sbagliato in me, perché non potessi essere come loro, capaci di apprendere e con la voglia di farlo.
A un certo punto, la frustrazione prese il sopravvento e sentii il bisogno di una pausa. Scrissi ad Asia, chiedendole se fosse libera per un caffè, ma anche lei era bloccata dallo studio, così immersa nella sua sessione d'esami da non essere neppure uscita di casa. Allora contattai Roberta e lei, essendo nei dintorni, accettò subito.
Mezz'ora dopo ci trovammo sedute a un piccolo bar. Nonostante le dimensioni ridotte, l'aria condizionata era al massimo, e ci sistemammo al tavolino più in fondo, finalmente al riparo dal caldo opprimente. Roberta, dopo aver affrontato la salita per arrivare, aveva raccolto i capelli in una crocchia dietro la nuca; alcune gocce di sudore ancora brillavano sulla sua fronte.
Avevamo posato sul tavolino le nostre ordinazioni: due caffé e le granite accompagnate da una brioche rotonda, cosparsa di granelli di zucchero, che erano anche il nostro pranzo.
"Di solito non mangio queste cose." Disse Roberta con un sorriso imbarazzato, come se sentisse il bisogno di giustificarsi per l'assunzione di zuccheri. Addentò un pezzetto di brioche, chiudendo gli occhi per godersi il sapore. "Ho fatto uno sgarro, vista l'occasione. È la prima volta che usciamo da sole."
"Sì, infatti." Risposi, strappando una bustina di zucchero e svuotandola nel caffé. Mescolai col cucchiaino. "Ma penso che dovresti mangiare tutto quello che vuoi."
Lei sorrise, guardando distrattamente il suo addome abbondante. "Magari." Esclamò. "Ma non è una tragedia, ho altre soddisfazioni nella vita. Tipo Ciccio." I suoi occhi si riempirono di dolcezza.
"State davvero benissimo insieme." Le dissi, con sincerità. Sorseggiai il caffé e il suo calore mi bruciò la lingua. "Non l'ho mai visto così felice come da quando ha te."
"Grazie. Idem per me." Mangiammo in silenzio per un po', finché Roberta non ruppe la quiete: "Come sta tua madre?" Avevo quasi scordato che anche lei avesse assistito a quella scenata terribile.
"È stata dura, ma si sta riprendendo." Risposi, abbassando lo sguardo, sentendomi un po' a disagio. "Ti ringrazia per il tuo supporto, l'ha molto apprezzato. Ora vive fuori città. Mi ha invitato a stare da lei, ma è troppo lontano, e io non guido."