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POV DARIO

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POV DARIO

Anche se avevo dormito poco e male, avendo trascorso gran parte della notte a parlare e messaggiare con Nadia, che era diventata particolarmente apprensiva, decisi di alzarmi all'alba. Il mio obiettivo principale era evitare mia madre, magari con la complicità di Santino. Ma, ancora una volta, avevo sottovalutato l'onnipresenza di Paola.

Non poteva essere una coincidenza il fatto che, scendendo le scale alle sei e mezza, lei fosse già davanti alla porta della cucina, con un enorme matterello in mano, in pigiama, gli occhi affossati e sospettosi fissi su di me, che camminavo in punta di piedi per non fare rumore.

"Dove stai andando a quest'ora?" Mi domandò, la voce autoritaria.

"Dove posso mai andare? Faccio un giro, mi prendo la colazione al bar. Tu vuoi qualcosa?" Le chiesi, sperando di distrarla, e per fortuna ci riuscii.

"No." Rispose secca, voltandosi e ritornando in cucina.

Conoscendola, sapevo che non potevo andarmene senza prima cercare di calmarla un po'. Respirai a fondo e la seguii.

L'intero tavolo era occupato da una montagna di farina, circondata da schizzi d'olio e da una ciotola di acqua calda mescolata a lievito sciolto. Paola posò il matterello sul tavolo e iniziò a impastare con decisione, evitando di rivolgermi lo sguardo.

Le ciondolai vicino senza sapere bene come iniziare il discorso. "Hai saputo di Vasil?" Le domandai.

Lei continuò a impastare. Il suono appiccicoso accompagnò la sua risposta. "Sì."

"È per lui che sono qui."

"Lo sapevo." Ribatté, impastando con rabbia crescente. "Io so sempre tutto, così come sapevo che Eliana era una donnaccia. Se solo mi ascoltassi, ogni tanto, eviteresti di perdere tempo con gente inutile."

"Eliana non è una donnaccia." Sentivo il bisogno di difenderla, forse per rimediare a quello che le avevo fatto l'ultima volta. "È solo che non voleva me."

"E ti sembra poco?" Esclamò lei, fermando il suo lavoro per fissarmi come se mi fossi trasformato in un'ameba. "Ti ha pure sposato! È da irresponsabili sposare qualcuno, o fare dei bambini, solo per gioco. Nella vita ci vuole impegno e correttezza!"

Si era agitata talmente tanto che quasi mi preoccupai per lei. Le diedi alcune pacche sulla schiena, aiutandola a tornare in sé. Riemerse dai suoi ricordi e tornò a impastare con un ritmo più calmo.

"So qualcosa su Arben. Vuoi sentire?" Mi appoggiai alla superficie del tavolo, parlando lentamente. Aspettai la sua reazione, ma lei si accanì sulla pagnotta imperfetta senza pronunciare una sillaba. Capii che, senza ammetterlo, voleva sapere. "Vive con una donna in Albania. Credo che abbiano una specie di negozio. È cambiato."

"La gente non cambia mai." Brontolò.

"E tuo figlio, allora?"

"Tu sei sempre stato così. È venuto fuori tardi... ma non è stata colpa tua." Nella seconda parte della frase si rabbuiò.

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