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"Ma che bella sorpresa!" Esclamò Gianmarco, e lo vidi scendere dalla moto con un saltello vivace

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"Ma che bella sorpresa!" Esclamò Gianmarco, e lo vidi scendere dalla moto con un saltello vivace. Si avvicinò a passo spedito, le mani in tasca.

Scesi anch'io dal muretto e lo aspettai, già pronta allo scontro. Incredibile, tra tutte le persone al mondo dovevo incontrare proprio lui! Se quell'orrenda serata non voleva finire, allora avrei colto l'occasione per sfogarmi e dirgli tutto ciò che pensavo di lui.

"Pezzo di merda!" Strepitai. "Vigliacco! Sei tu che mi hai buttato in piscina! Credevi che non me ne fossi accorta? Per colpa tua ho quasi avuto la febbre, lo sai?"

"Linguaggio, ragazza." Mi apostrofò lui con una calma esagerata, quando si era ormai avvicinato. "Che colpa ho io se hai l'equilibrio instabile di un neonato?"

Com'era odioso! Se solo sapesse quale danno aveva causato nella mia vita col suo scherzetto! Non poteva neanche immaginarlo.

"Stronzo!" Urlai. "Ti avevo detto di non avvicinarti!"

Ma i ricordi delle ultime ventiquattro ore mi avevano ormai sopraffatto. Rabbia e disperazione si fusero insieme ancora una volta, e io mi ritrovai a piangere senza volerlo. Non riuscivo a fermarmi. Singhiozzavo, incapace di evitarlo, come non mi succedeva dall'infanzia.

Odiavo che stesse accadendo proprio davanti a lui. Ma gliel'avevo detto, volevo stare sola. Avevo bisogno di piangere davanti al mare, l'unica compagnia che potevo sopportare.

"Ehi, serio, che ti è successo?" Lo sentii domandare, con una voce stranamente gentile.

Avevo gli occhi impastati di lacrime, ma trovai il muretto e mi appoggiai lì. Non ero sicura di volergli parlare. Sentivo il bisogno di sfogarmi con qualcuno, ma lui non era forse tipo da ascoltare i problemi degli altri. Stefano, al suo posto, se ne sarebbe già andato. Non sapeva mai cosa dirmi le rare volte che mi vedeva piangere, e di solito preferiva sparire.

"Non sono affari tuoi, e comunque non puoi capire." Borbottai piangendo.

"Vero, sono soltanto un'ameba." Ironizzò lui. "Dai, se hai bisogno di sfogarti puoi farlo. Io farò uno sforzo."

Dopo tanti anni di amicizia con Erica, ero diventata molto brava a distinguere un interesse genuino da una fame di gossip. Dal modo in cui mi parlava, lui sembrava appartenere al primo tipo. O forse ero così debole da non notare più la differenza. A quel punto avevo bisogno di conforto, e andava bene chiunque.

Mi serviva un abbraccio. Gianmarco era proprio davanti a me, con la sua giacca di pelle nera, aperta, che ampliava le sue spalle già muscolose. Aveva un leggero profumo di colonia che mi ricordava i tempi in cui Stefano aveva amato curarsi. Così, anche se lo conoscevo molto poco, pensai che quello sbruffone potesse essere una buona spalla su cui piangere, almeno finché non fosse scappato; i giusti muscoli a cui chiedere protezione da me stessa e da un futuro incerto.

Ancora piangendo, gli saltai al collo; non per strozzarlo, come avrei voluto fare un attimo prima, ma per stringermi a lui e sperare di essere ricambiata.

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