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Arrivai alla Cittadella Universitaria con un misto di curiosità e nervosismo

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Arrivai alla Cittadella Universitaria con un misto di curiosità e nervosismo. Non ero mai stata là dentro, ed ero curiosa di scoprire com'era. Altre delle mie emozioni non avevano niente a che vedere coi corsi universitari, quanto col fatto che avessi appena varcato l'ingresso in macchina con uno dei professori.

Non sapevo spiegarlo; era eccitante.

Dario aveva parcheggiato proprio di fronte al primo edificio sulla destra, sul quale era affissa la dicitura: "Dipartimento di Fisica e Astronomia", e alcuni studenti di passaggio ci avevano visti. Avevano facce vivaci e intelligenti malgrado fosse ancora molto presto (lo trovavo ammirevole, io avevo ancora l'espressione di una talpa), e non sembravano avvezzi al pettegolezzo; però mi parve che persino le loro menti indagatrici da scienziati si stessero chiedendo cosa ci facesse una ragazza in macchina con il loro professore, e questo mi divertì un sacco.

C'erano anche delle studentesse. Chissà se Dario piaceva alle ragazze? Per anni mi ero convinta che non mi piacesse, trovando in lui mille difetti che ingigantivo fino a rendere insopportabili. Ormai non li vedevo più, ma guardandolo sganciare la cintura cercai qualcosa in lui che fosse obiettivamente sgradevole, così da convincermi che nessuna ragazza potesse pensare che fosse affascinante, ma non trovai nulla.

"Che c'è?" Mi domandò, perplesso, notando il mio sguardo fisso. Si comportava in modo pacato fin da quando era passato a prendermi. Dopo averlo sentito parlare l'altra sera, però, dopo quello che avevamo fatto, e considerato il modo in cui era accaduto, avevo l'impressione che non fosse mai veramente se stesso.

"Stavo pensando." Spiegai. "Ora che mi mischierò ai tuoi studenti, saprò cosa pensano di te. Vuoi che te lo riferisca?"

"Non credo." Rispose lui, fermandosi un attimo. "Rischierei di volerli bocciare tutti agli esami."

"E se scopro che piaci alle ragazze?"

Dario parve in imbarazzo. "Beh, una volta ho ascoltato per sbaglio un gruppo di studentesse che parlavano di me. Mi hanno messo al secondo posto nella classifica del campus."

"E me lo dici così?" Esclamai.

"Non ne vado fiero. Il primo posto è andato a uno di sessantadue anni. Mi sa che non sono attendibili." Sorrise al termine della frase per dimostrarmi che trovava tutto molto divertente.

Io mi ero ingelosita e, pur sapendo che non c'era pericolo, e che per quelle ragazze fosse solo un gioco, desiderai che nessuno stilasse mai più una classifica su di lui. Mi domandavo se anche mia madre ogni tanto fosse stata gelosa delle attenzioni che suo marito poteva ricevere a lavoro.

Smontai dalla macchina e seguii Dario fin dentro l'edificio. Stava portando una cartella nera a tracolla, in pelle, che sembrava pesante e ricolma di ogni roba possibile e immaginabile. Attraversammo i corridoi puliti fino a raggiungere l'aula più distante. Tirò fuori le chiavi, legate insieme a un'etichetta di plastica, e poco dopo entrammo.

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