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Dopo cena, sentii bussare alla mia porta

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Dopo cena, sentii bussare alla mia porta. Ero così concentrata sui miei appunti che, al primo colpo, la penna mi scivolò dalle dita, rimbalzando prima sulle gambe e poi a terra. Tentai di afferrarla al volo, ma non ci riuscii; rovesciai la sedia e caddi a terra.

Giamma era entrato ed era rimasto sulla soglia, intento a deridermi con quella sua solita smorfia sarcastica sulla bocca.

"Che cazzo vuoi?" Sbottai, rialzandomi e poi sistemando anche la sedia. Mi sentivo goffa e ridicola, in più ce l'avevo con lui, che aveva passato la cena a dibattere di calcio con mio padre, con l'indifferenza di chi non è mai andato a fare il duro con Dario alle mie spalle.

"Non hai risposto ai messaggi." Spiegò, con un tono calmo che mi fece venire voglia di urlare. "Stiamo uscendo. Vieni?"

"No, che non vengo! Te l'ho detto mille volte che devo studiare." Indicai i miei appunti caotici, sparsi intorno alla scrivania, illuminati debolmente da una grossa lampada da ufficio.

"Anche Asia ha gli esami, ma lei la sera esce." Insistette lui, solo per biasimarmi. "Tu ormai esci solo per andare da..." Si fermò quando gli feci un gesto con gli occhi, indicandogli la porta che aveva lasciato aperta. Fortunatamente, i nostri genitori erano troppo occupati a sparecchiare per sentire la nostra conversazione.

"Sei proprio un idiota." Lo sgridai, abbassando la voce, mentre lui la richiudeva. "Rischi sempre di farmi sgamare. Se ci tieni davvero a me, smettila. E poi, come ti sei permesso di infastidire Dario al lavoro?"

Giamma fece spallucce, sorpreso. "Te l'ha raccontato? Alla sua età non sa che certe cose devono restare tra uomini?" Commentò in tono sarcastico. "Comunque, l'ho solo avvisato. Se ti tratta male, per lui è finita."

Lo guardai con le braccia incrociate, irritata dal fatto che, in qualche modo, avesse fatto un gesto gentile che avrebbe dovuto farmi sentire lusingata, anche se in realtà mi creava solo disagio. "Certo, ha proprio paura di te." Lo sbeffeggiai.

"Dovrebbe averla." Rispose lui, senza scomporsi. "So dove abita, qual è la sua macchina e come fargliela andare in tilt. Lui che farà? Mi lancerà addosso la sua laurea?"

Mi scappò un sorriso, più per la sua arroganza che per altro. "Stai attento tu." Ribattei, le braccia incrociate, ripensando a ciò che sapevo del passato di Dario. "Perché credo che lui ne sappia molto più di te, su queste cose. Fatti gli affari tuoi e staremo tutti bene."

Giamma mi guardò per un attimo, serio. "Non mi ringrazi nemmeno?"

"Perché dovrei?" Replicai, sbuffando. "Mi hai messo in imbarazzo! Dario non merita le tue ridicole minacce! O l'hai fatto solo per sentirmi dire grazie?"

"No, non per questo." Ribadì, stavolta senza traccia di ironia. "L'ho fatto per proteggerti, ma vedo che non te ne frega niente."

Abbassai lo sguardo; ero colpita dal suo tono sincero, ma non volevo mostrarmi troppo coinvolta. "È che non ho bisogno della tua protezione, quindi non farlo mai più." Ribadii, cercando di mantenere un tono fermo. "Ma... okay. Grazie."

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